LETTERA APERTA ALLE SARDINE

Non è l’accoglienza la risposta all’odio.

Le piazze piene di persone che si riuniscono per difendere i diritti e contrastare l’odio sono un segnale nuovo e importante, non c’è alcun dubbio. Credo sia però importante in questo momento portare in quelle pizze contenuti e proposte perché tutto ciò provi a diventare anche un laboratorio di rinnovamento politico.
In questa chiave ho deciso di scrivere questa lettera aperta.

Il tema migrazioni è senza dubbio il perno di quanto sta accadendo dentro e fuori queste piazze. La deriva autoritaria e xenofoba della Lega di Salvini è la preoccupazione che ha portato migliaia di cittadini a riempire le piazze di Sardine. Questa deriva fa spavento e inquieta, perché risveglia istinti pericolosi che minano alla base lo stato di diritto costruito a fatica dal dopo guerra in poi. Ma credo sia un errore assai grave non capire quali condizioni reali, materiali abbiano in questi anni aiutato una crescita così impetuosa del consenso a Salvini; non possiamo imputare la sua crescita solo a ignoranze o semplificazioni, sarebbe miope e anche offensivo. Ovviamente i ragionamenti a questo proposito possono essere tanti, ma credo ce ne sia uno basilare più importante di altri.

Per proporlo parto da una provocazione.

Io credo che la crescita di Salvini sia stata fortemente aiutata negli ultimi anni dalle politiche di accoglienza. Credo infatti che queste politiche abbiano distratto troppa parte della società civile antirazzista dalla capacità di individuare le responsabilità più profonde delle ingiustizie che vivono i migranti forzati (viaggiatori non autorizzati, preferisco definirli). Ci siamo divisi tra chi li vuole accogliere e chi li vuole respingere, tra chi li vuole salvare e chi li vuole abbandonare (o peggio). Questa divisione ci ha portati a credere che il nemico dei diritti sia chi vuole respingere e il paladino della civiltà sia chi vuole accogliere. Abbiamo alzato lo scontro, portando corpi a salvare corpi e sfidando fisicamente le chiusure dei porti. Ma facendo questo ci siamo profondamente distratti e soprattutto abbiamo portato tanta parte della cittadinanza a cercare in questo scontro un leader pronto a innalzarlo fino alle massime conseguenze, ossia l’attacco alle basi costituzionali della convivenza civile.
Tutto questo va fermato, non solo contrastando il leader di quella deriva, ma anche avendo il coraggio di dire che non è l’accoglienza l’alternativa all’odio.
L’accoglienza, come il salvataggio, come l’aiuto umanitario hanno schiacciato i migranti al ruolo di vittime passive e tantissimi di loro sono stati abbandonati in luoghi inutili e impreparati diventando simboli materiali utili al consenso salviniano: “li vedi gli africani che ciondolano in giro senza far niente? Quelli li paghiamo noi.” Questa la base del consenso salviniano. Città per città, quartiere per quartiere. Da Nord a Sud, in tantissimo Sud.
Abbiamo il coraggio di dirlo: sì è vero, molti ragazzi africani sono stati abbandonati a non far nulla. Perché l’errore è stato “accoglierli”, ridurli a soggetti beneficiari di progetti che non volevano e non chiedevano. Per poi ovviamente abbandonarli, lasciarli vagare ancora di più nei meandri fangosi dell’economia nera e illegale.
Questa storia deve cambiare, se no Salvini o chi per lui sarà inarrestabile.

Deve cambiare a mio avviso facendo tre cose:

– Aprendo vie regolari di viaggio a chi cerca lavoro, studio, dignità ed è disposto a farlo in modo controllato, come è normale per tutti noi migranti liberi (viaggiatori autorizzati).

– Finanziando politiche di integrazione e welfare sociale, economico e culturale che difendano diritti di cittadini e lavoratori di qualsiasi provenienza etnica (italiani inclusi).

– Garantendo accoglienza seria e professionale a chi davvero ne ha bisogno, e non obbligando tutti a chiederla, anche se non vorrebbero.

Questa direzione sarebbe una novità radicale, contraria tanto a Salvini quanto alla stragrande maggioranza delle forze di governo europee, più o meno democratiche e anti-sovraniste, che continuano a sostenere politiche di chiusura e discriminazione del diritto di mobilità, concedendo piccoli e farraginosi pertugi al diritto d’asilo, applicato per spirito umanitario, ma con grande timore.

Contrastare l’odio della Lega e dei suoi alleati è insufficiente se non immaginiamo anche una svolta vera e profonda delle politiche migratorie; altrimenti ci troveremo ancora per decenni a contare barche e cadaveri e a dare loro il macabro peso elettorale che hanno tanto a destra quanto a sinistra.

Mi auguro che il Movimento delle Sardine abbia la voglia di liberare idee e proposte per uscire dall’inutile dicotomia tra “accoglienza” e “respingimento” e per invitare i cittadini a immaginare un mondo più libero e giusto dove tutti i soggetti stranieri o autoctoni abbiano diritti e doveri comuni e condivisibili.

Per questo invito concretamente le Sardine a partecipare al laboratorio del ‘Forum Per cambiare l’ordine delle cose’, un coordinamento libero e plurale di tante realtà territoriali che si stanno chiedendo come far crescere proposte concrete di radicale cambiamento delle politiche migratorie europee, fin qui causa di tante violenze e violazioni, ed anche in fondo vero sostegno all’affermarsi dell’odio della Lega e degli altri sovranismi xenofobi.

Andrea Segre

La lettera aperta è stata pubblicata l’8 dicembre 2019 su L’Espresso

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