VISTO

Avere visto. Essere visto.
Sono due esperienze esistenziali ben differenti che capitano più o meno a tutti nella vita. L’essere protagonisti attivi o passivi di una visione, di una relazione.
Entrambe sono fondamentali, una relativizza il potere e il rischio dell’altra. Se posso solo vedere o se posso solo essere visto il mio equilibrio si incrina, la mia relazione con gli altri si destabilizza e devo accettare di correre rischi o di modificare il mio potere.
Se non posso aver visto devo trovare qualcuno o qualcosa che mi aiuta a vedere.
Se non posso essere visto devo trovare un modo per farmi vedere.

La cosa interessante, ma non casuale, è che la stessa cosa succede se davanti al primo visto, quello
di avere visto, aggiungiamo l’articolo determinativo il.
Avere il visto. Essere visto.
E ancor meglio il suo negativo: Non avere il visto. Non essere visto.

Nel mondo di oggi chi non ha il potere di avere il visto è obbligato a trovare un modo per farsi vedere. E infatti chi ha il potere di non dare il visto, lo fa per provare a non vedere. Così quando succede che chi non ha il visto trova il modo di farsi vedere, chi invece è abituato ad avere il visto e ad essere visto si innervosisce e pensa che quella sfida sia contro la propria normalità. Inizia così un vortice di conseguenti errori strategici che aumenta gli squilibri tra visioni e punti di vista troppo distanti.
Per uscire da questo vortice, di senso e di parola, facciamoci aiutare dalla statistica.
Nel 2017 – l’anno della grande crisi migratoria nella percezione pubblica – secondo l’ISTAT sono entrati in Italia 262mila stranieri, di questi il 38,5%, pari a 101mila, hanno richiesto asilo, cioè sono arrivati senza visto. Di questi “esseri umani senza visto” l’85% viene da 10 Paesi, tutti dell’Africa centrale, più Bangladesh e Pakistan. Da questi Paesi è praticamente impossibile ottenere un visto per motivi di lavoro o di studio. Qualche esempio chiaro: la Nigeria è il paese di maggior provenienza di stranieri, di questi solo lo 0,2% ha avuto un visto per lavoro e solo lo 0,5 per studio, dal Bangladesh 0,9 per lavoro e 0,3 per studio, per il Senegal 1,3 per lavoro e 0,2 per studio.
Il problema sta in partenza, nessuno da quei 10 Paesi fa richiesta per quei visti, perché sanno che le richieste non saranno nemmeno viste. Così provano a viaggiare sperando prima o poi di essere visti.

E’ davvero così difficile cambiare tutto ciò? E’ davvero impossibile riequilibrare i punti di vista? Chi ha il visto può essere visto, cioè anche conosciuto e controllato e vederlo fa meno paura.

Andrea Segre
A nome del Forum Per cambiare l’ordine delle cose
(Fonte dei dati: https://www.istat.it/it/files/2018/11/Report_cittadini_non_comunitari.pdf)

Questo articolo è stato pubblicato su L’Espresso del 9 febbraio 2020

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