Una valle piemontese, una squadra di curling, e sei uomini di origine africana: queste le direttrici intorno a cui Tomaso Clavarino sviluppa il docu-film Ghiaccio, girato tra il 2019 e il 2020. Una storia che vede protagonisti sei giovani uomini provenienti da Gambia e Sierra Leone, accomunati tanto dal passato migratorio quanto da un presente fatto di sperimentazioni, ostacoli, obiettivi comuni. E da una passione singolare: il gioco del curling. “Non avevo mai sentito questa parola”, afferma uno dei protagonisti del documentario, per poi dire: “Ora penso solo alle finali”.
Accolti in un progetto Sprar della Diaconia Valdese, Kebba, James, Edward, Seedia, Lamin e Joseph, tutti dai 18 ai 24 anni, vivono dal 2016 in Val Pellice, tra montagne, case di pietra, vallate. Qui lavorano, stringono relazioni, studiano. E giocano a curling. L’idea è stata lanciata dagli operatori Sprar, e loro hanno accettato, formando così la Africa Only Curling Team, la prima squadra europea di curling interamente composta da richiedenti asilo africani. Un impegno che hanno preso molto sul serio, arrivando a giocare nel campionato nazionale di serie C.
Ma i sei atleti non possono concentrarsi solo su questo: nella loro vita pesa la condizione di migranti africani in Europa, con tutto ciò che questo comporta, in particolare un passato comune spesso costellato di sofferenza – alcuni di loro hanno condiviso il viaggio dalla Libia all’Italia, passando per le devastanti prigioni libiche e il Mar Mediterraneo -, e un presente di attesa. Tutti hanno presentato domanda di protezione, perché fuggiti da persecuzioni. A nessuno è stata accettata. “La Commissione crede a quello che hai detto e alle vicende che hai riportato. Afferma però che nel tuo paese non ci sia una situazione di pericolo”: questo quanto viene detto loro dagli avvocati. Risposte, quelle della Commissione, arrivate a distanza di due anni dalla presentazione della domanda. Due anni di attesa, in cui i giovani non sono rimasti con le mani in mano: non solo l’impegno con il curling, ma anche tirocini formativi, studio. Il documentario parla di una storia particolare vissuta da persone comuni: chi si forma come meccanico, chi fa il chierichetto in chiesa, chi studia come operatore socio-sanitario. In mezzo musica, incontri al bar, chiacchiere con gli amici: la vita di tutti. Che rischia di essere spezzata dalle leggi. “La Commissione non può riconoscere il vostro percorso di inserimento, tutto quello che avete fatto in questi anni”, spiega il responsabile del progetto Sprar, facendo riferimento al ‘Decreto sicurezza’, che toglieva importanza ai processi di inclusione portati avanti dai richiedenti asilo. Un elemento fortunatamente modificato dal nuovo decreto.
Di fronte al diniego i sei hanno presentato ricorso. “Io voglio continuare, non voglio fermarmi”, afferma uno di loro riferendosi alla squadra. Un pensiero che si allarga a tutto: “Se non andrà bene fa niente. Dovrò solo lasciar perdere ciò che sto facendo”.
Intanto prosegue l’attesa: “Per l’appello ci vorrà circa un anno. Dovrai avere ancora un po’ di pazienza”. Gli anni scorrono. Proprio come la pietra con cui si gioca a curling. I sei non hanno intenzione di mollare: sulla pista di ghiaccio come in tutto il resto.
Serena Chiodo
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Martedì 12 gennaio, in collaborazione con Zalab e Comune.info, parleremo del docu-film Ghiaccio e di accoglienza, analizzando buone prassi e criticità e confrontandoci con altre realtà. Insieme a noi Tomaso Clavarino (regista), Tommaso Caroni (produttore ActingOUT), Stefano Collizzolli (ZaLab), Emira Kola (Per Cambiare L’Ordine delle Cose – Forum Nazionale, Forum territoriale di Bolzano), Gianluca Carmosino (Comune-info). Qui tutte le info