Protezione internazionale e prassi illegittime delle Questure: chiediamo un incontro al Ministero!

Prassi illegittime, tempi lunghissimi, inaccessibilità degli uffici, mediazione assente: queste alcune delle criticità riscontrate all’interno degli Uffici Immigrazione delle Questure italiane e che, di fatto, ostacolano l’accesso alla Protezione Internazionale.
Lo abbiamo riscontrato nel corso della campagna Paradossi all’italiana, che abbiamo attivato come Forum per cambiare l’ordine delle cose, e che è stata animata da diverse realtà e soggetti attivi trasversalmente su tutto il territorio nazionale. Nell’ambito della campagna – incentrata sulla corretta applicazione della legge 173/2020 con cui formalmente sono stati superati i ‘Decreti sicurezza’ – abbiamo portato avanti un monitoraggio delle prassi nelle Questure: il risultato è stata l’emersione di una serie di pratiche che violano il diritto alla protezione. Nonostante su alcuni aspetti sia stata fatta chiarezza attraverso una circolare della Commissione Nazionale, sono ancora molte le prassi su cui intervenire per garantire il rispetto della normativa e per tutelare il diritto di accedere alla Protezione Internazionale. Per questo abbiamo deciso di chiedere un incontro al Ministero dell’Interno, nello specifico al Dipartimento di Pubblica Sicurezza.

Di seguito l’appello con cui abbiamo chiesto l’incontro, e le adesioni, in continuo aggiornamento. Per aderire è possibile contattarci alla mail coordinamento.forum1@gmail.com

Al Ministero Interno 
Sig. Ministro Luciana Lamorgese 

al Capo di Gabinetto
Sig. Prefetto Bruno Frattasi 

al Dipartimento di Pubblica Sicurezza
Sig. Prefetto Sergio Bracco

e p.c.
al Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione al Capo Dipartimento
Sig. Prefetto Michele Di Bari

Protezione Internazionale: ancora troppe le prassi illegittime delle Questure

Tempi troppo lunghi, mancanza di informazioni, richieste illegittime per procedere nelle pratiche: sono ancora troppe le prassi che ostacolano l’accesso alla Protezione Internazionale. Da tempo come Forum per cambiare l’ordine delle cose monitoriamo la tutela dei diritti delle persone richiedenti asilo, costatandone purtroppo la frequente violazione. Gli ostacoli all’accesso alla Protezione Internazionale sono emersi anche nel corso del lavoro di osservazione sul campo che, insieme a diverse realtà – tra cui i Forum territoriali, Diaconia Valdese, Fondazione Migrantes, EuropAsilo, Ciac Onlus, Grei250, CSA Ex Canapificio di Caserta, Pensare Migrante, rete Sulla Stessa Barca e altre – abbiamo realizzato dopo l’approvazione in Senato del DL 130 e la conseguente modifica dei ‘Decreti Sicurezza’: un cambiamento atteso da tempo, ma più formale che concreto, come abbiamo denunciato nel dossier Paradosso all’italiana, frutto di un monitoraggio che abbiamo portato avanti negli Uffici Immigrazione delle Questure di quindici città italiane. Se il lavoro si concentrava in particolare sull’accesso alla Protezione Speciale (constatandone la mancata garanzia, su cui è intervenuta la circolare interpretativa della Commissione Nazionale per il Diritto di Asilo), il monitoraggio ha messo in luce problematiche da tempo affrontate da chi chiede Protezione Internazionale che spesso, invece di essere supportato nella fruizione di un diritto, si trova a dover lottare per vederlo riconosciuto. Nodi emersi anche in un’analisi specifica realizzata dalla Diaconia Valdese proprio sulle principali prassi illegittime presso le Questure italiane.

Luoghi inaccessibili      
Per molti/e richiedenti Protezione Internazionale l’accesso alle Questure italiane non è semplice: diversi uffici non consentono la prenotazione di un appuntamento, obbligando le persone a presentarsi di persona sperando di riuscire ad entrare e formalizzare la domanda di Protezione. Come evidenziato dalla Diaconia Valdese, questo crea inevitabilmente disagi e disservizi: “le persone sono costrette a presentarsi per più e più giorni consecutivi per rientrare tra le poche a cui viene consentito l’accesso; le persone con vulnerabilità, così come i nuclei familiari o coloro che dimorano in un comune diverso dal capoluogo di Provincia subiscono pregiudizi causati dalla necessità di spostarsi quotidianamente per raggiungere gli uffici di polizia e sottoporsi ad ore di coda; qualora la persona non abbia un luogo ove dormire, è costretta a passare le notti all’addiaccio fino a che non riesca a manifestare la sua volontà di essere inserita in un centro di accoglienza; alcune persone, scoraggiate dai numerosi rifiuti, rinunciano a presentare la propria domanda di Protezione Internazionale”.             
Anche i progetti di accoglienza sperimentano difficoltà nel prendere gli appuntamenti, che vengono calendarizzati a distanza di mesi dalla richiesta. In alcune Questure l’accesso alla procedura è garantito unicamente dietro richiesta di appuntamento via PEC: una prassi non illegittima in sé, ma che genera barriere all’accesso, dal momento che sono pochissimi i richiedenti asilo che dispongono di un indirizzo PEC; la maggior parte dei soggetti è così costretta a rivolgersi ad associazioni, uffici, caf nel migliore dei casi, o a persone che offrono tale servizio dietro un ingiusto pagamento di denaro, nel peggiore.

Le Questure non risultano inaccessibili solo fisicamente: è diffusa la difficoltà, da parte di richiedenti Protezione così come di operatori e operatrici di servizi, di comunicare con gli uffici. Spesso le richieste di informazione (e in alcuni casi, di appuntamento e accesso agli atti) non vengono prese in considerazione, devono essere reiterate o ricevono una risposta dopo un considerevole lasso di tempo. Ostacoli che diventano ancora più grandi qualora la persona richiedente Protezione non rientri nei circuiti dell’accoglienza: spesso chi non ha una rete a cui appoggiarsi non riesce a far valere i propri diritti o interessi legittimi.                          
L’accoglienza che non c’è          
Secondo la normativa, una persona che manifesta volontà di depositare una domanda di Protezione deve essere subito inserita in un progetto di accoglienza. Nella realtà, non sempre questo avviene: in diverse Questure l’ingresso del richiedente avviene solo dopo la formalizzazione della domanda, con compilazione del relativo modello. Una prassi che spesso costringe molte persone a trovare alloggi di fortuna, dato che spesso tra la manifestazione di volontà e l’effettiva richiesta di protezione passano giorni, se non settimane o mesi.            

Mediazione linguistico-culturale assente         
Non sempre viene garantita la presenza nelle Questure di mediatori delle lingue parlate dai richiedenti Protezione Internazionale: spesso sono coperte solo le lingue più diffuse, e a volte nemmeno quelle. Una lacuna che  spesso sono costretti a colmare operatori e operatrici dei servizi di accoglienza o di sostegno legale, ‘trasformandosi’ in traduttori con l’utilizzo di lingue veicolari.  

Richieste illegittime     
Sono frequenti i casi in cui le Questure chiedono documenti non necessari né previsti dalla normativa per la formalizzazione di domande di Protezione, e lo stesso avviene in occasione di istanze di rinnovo o di richiesta di conversione di permesso da Protezione a lavoro: iter di fatto ostacolati da richieste illegittime mosse dalle Questure. E’ il caso ad esempio della richiesta di passaporto, avanzata da numerose Questure, o della documentazione relativa all’alloggio – che sia l’iscrizione anagrafica, il contratto d’affitto, la cessione di fabbricato o la dichiarazione d’ospitalità.      
In particolare, la residenza sembra essere diventata sempre più un problema insormontabile, in particolare nelle grandi città: la sua illegittima richiesta, avanzata dalle Questure per il rilascio o il rinnovo dei documenti, si scontra con la difficoltà di molte persone straniere ad ottenerla. L’istituto della residenza virtuale non sempre viene utilizzato, e mostra comunque grandi limiti, primo fra tutti i tempi di attesa per la sua attivazione, come nota la Diaconia Valdese. Una situazione che lascia spazio a truffe: molte persone sono costrette a rivolgersi a conoscenti o organizzazioni che rilasciano dichiarazioni di ospitalità fittizie dietro il pagamento di una somma di denaro. 

Casi pendenti  
La normativa attuale non è stata finora applicata nemmeno nei casi di procedimenti pendenti: molte domande di Protezione Internazionale non sono state esaminate alla luce dei requisiti previsti dalla legge attuale (173/2020). Diverse persone sono rimaste di fatto bloccate dal rifiuto ad acquisire la documentazione relativa ai nuovi requisiti per il riconoscimento della Protezione Internazionale, espresso da molte Questure che si sono basate piuttosto sui pareri già espressi, ma non notificati in via definitiva, dalle Commissioni: un comportamento illegittimo, dato che in mancanza di notifica al destinatario, la procedura non si considera conclusa, come evidenziato dalla circolare interpretativa, che su questo punto è intervenuta in modo specifico.

Tempi troppo lunghi    
Un ostacolo su tutti continua a frapporsi, immutato negli anni, tra le persone che chiedono Protezione Internazionale e l’effettivo godimento della stessa: i tempi incredibilmente dilatati per la formalizzazione delle domande. Dalla manifestazione di interesse alla concretizzazione della domanda possono passare mesi, persino un anno o più: seri ritardi che ostacolano l’inserimento delle persone nel sistema di accoglienza e ne impediscono l’accesso al lavoro e ai servizi, aggravandone la vulnerabilità e la marginalità nel tessuto sociale. In attesa della formalizzazione dell’istanza di protezione, alle persone viene rilasciata una semplice ricevuta, che spesso generano incomprensioni, rifiuti illegittimi e barriere nell’accesso ai servizi di base ed alle prestazioni di assistenza sociale.  

Quando la mancanza di attenzione lede un diritto
Spesso si riscontrano all’interno degli Uffici Immigrazione delle Questure prassi che denotano un atteggiamento superficiale e frettoloso da parte dei funzionari preposti ad accogliere le richieste di Protezione Internazionale: dati anagrafici errati, moduli compilati con libere interpretazioni delle informazioni riferite dai richiedenti, cosa che porta spesso a incongruenze tra i documenti posseduti dall’interessato/a (certificati di matrimonio, nascita..) e quelli emessi dallo Stato italiano (carta d’identità, tessera sanitaria..). Una situazione che complica i percorsi individuali e intacca anche le identità, frammentate e sospese.

Sulle varie prassi contrarie alla normativa diversi Tribunali sono già intervenuti, con sentenze che rilevano l’illegittimità di tali procedure – è il caso ad esempio delle sentenze di LecceNapoliBolognaRiminiRoma. Ma non è più tollerabile che le aule giudiziarie debbano intervenire, caso per caso, per far rispettare la normativa alle stesse istituzioni, che invece dovrebbero esserne garanti. Per questo è urgente un’assunzione di responsabilità del governo, e nello specifico del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, con l’obiettivo di coordinare gli Uffici Immigrazione delle Questure verso una corretta applicazione della normativa.   

Forum per cambiare l’ordine delle cose                             
Asgi – Associazione Studi Giuridi sull’Immigrazione                   
 Ciac onlus        
Diaconia ValdeseEuropAsilo
Fondazione Migrantes
Grei250
Pensare Migrante         
Ospiti in Arrivo               
Centro Stranieri Cgil Bologna  
Comunità di accoglienza WELL(c)HOME            
Ya Basta Nova Koiné   
AlterEgo – Fabbrica dei diritti 
MoVi Caltanissetta      
Camera Avvocati Immigrazionisti Pugliesi
           

(Adesioni in continuo aggiornamento)

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