Articolo a cura di Edgardo Maria Loiza
È una cosa strana, questa paura paranoica dell’invasione, questa determinazione a proteggersi a tutti i costi da questi esseri umani che ogni anno si esiliano dalle loro terre d’origine per dirigersi verso una terra promessa immaginata nei paesi ricchi. Ma i ricchi hanno deciso che queste maree di umanità sono indesiderate. Così fortificano i loro confini, erigono barriere, costruiscono le mura sempre più in alto. Una vera e propria strategia militare messa in atto per tenere fuori gli “invasori”. In un atto di mimetismo, altri importanti paesi come Brasile, Cina, Australia e Russia si stanno unendo, mettendo in atto le proprie “fortificazioni” per limitare la migrazione economica dalle aree più povere verso le proprie regioni.
Tali ostacoli fisici sono strumenti efficaci per criminalizzare l’immigrazione, per consentire di pronunciare concetti che dovrebbero essere impensabili: migranti illegali. Così facendo pensare alla gente che stanno infrangendo la legge. Con l’aiuto di questi nuovi ostacoli, giuridici e fisici, abbiamo creato una nuova categoria di criminali: il migrante.
Così confondiamo sia il diritto internazionale che i valori universali. In questi giorni stiamo assistendo sempre più spesso al sequestro di naufraghi su navi della flotta civile, che stanno svolgendo un ruolo di supplenza degli Stati e dell’Unione Europea rispetto alle loro responsabilità sui salvataggi in mare.
Crimmigration – crasi tra le parole anglosassoni crime e migration – è l’efficace espressione con cui da ormai quasi un ventennio si indica un fenomeno di intersezione o sovrapposizione tra diritto dell’immigrazione e diritto penale. La permeabilità del confine tra questi due settori del diritto, sia a livello nazionale che europeo, ha quale effetto l’adozione di misure di tipo securitario e repressivo nella gestione del fenomeno migratorio che si traducono a loro volta in un restringimento delle vie legali d’accesso in Europa, nel rafforzamento delle attività di sorveglianza dei confini nazionali ed europei e, non da ultimo, nella criminalizzazione dei migranti, dei richiedenti asilo e di coloro che, pur prestando solamente aiuto o soccorso, rischiano di incappare nelle strette maglie del reato di favoreggiamento.
In nome della protezione dei confini, si rinuncia a garantire diritti fondamentali affermati e tutelati nei Trattati e nelle Costituzioni europee. È questa la narrazione che è stata accolta all’unanimità dai media, dal Parlamento e dai Governi e che a partire dalla legge Bossi Fini ha avuto l’effetto di creare un sentimento popolare di astio e intolleranza. Non abbiamo la ricetta semplice per un problema molto complesso, che richiede per un avvio di soluzione una quantità di volontà convergenti. Stati di partenza, di transito, accordi internazionali che risalgono a più di 70 anni fa, come la Convenzione di Ginevra o quella del 1982, la UNCLOS.
In tutti i casi, è necessario sollecitare con tutti i mezzi di pressione possibili l’immediata attuazione della Direttiva 2001/55/CE, che prevede, in caso di afflussi massicci, la concessione di una protezione temporanea (1 anno, rinnovabile per altri 2 anni) agli stranieri che hanno dovuto abbandonare i rispettivi Paesi e non possono essere rimpatriati a causa delle condizioni proibitive esistenti in quei Paesi (guerra, violenza endemica, violazione generalizzata dei diritti umani, fame, cambiamenti climatici estremi, etc), e la mancata cooperazione degli Stati europei tra loro per il trasferimento della residenza degli sfollati da uno Stato ad un altro.
Pensiamo che sia necessario, inoltre, intervenire sulle istituzioni nazionali ed europee per la revisione degli accordi di Dublino, verso una riforma che possa agevolare la libera circolazione dei migranti in ambito europeo, l’allargamento della troppo rigida disciplina dei ricongiungimenti familiari, e lo snellimento delle relative procedure. Siamo per una politica più efficace ed allargata delle quote di ripartizione tra gli Stati (re-location); per la creazione di un sistema normativo integrato sul diritto di asilo, basato sul mutuo riconoscimento; per una politica più permissiva in tema di rilascio dei visti.
Mobilitazione Pensiamo sia necessario mobilitare tutte le associazioni perché, attraverso iniziative di contrasto idonee, sia bloccatala pratica dei respingimenti, sia in mare sia in terra, e che la protezione accordata ai migrantipolitici (che fuggono da conflitti o persecuzioni) sia estesa anche ai migranti che fuggonodalla povertà e dalla fame.
Chiediamo che la UE intervenga sui Paesi che costruiscano muri e barriere fisiche contro l’ingresso dei migranti nei rispettivi territori (come l’Ungheria), prevedendo adeguate sanzioni a carico degli inadempienti. Siamo per lo smantellamento del “sistema sicurezza” imperniato sulla legge Bossi/Fini e per una nuova normativa che vada oltre il vincolo del permesso di soggiorno, concepito soltanto come un primo passo volontario nel processo di cittadinanza dell’immigrato, oltre che per la cancellazione del reato di immigrazione clandestina. Inoltre, che sia istituito un ministero dedicato all’immigrazione e all’ integrazione sociale e che siano tutti i centri di permanenza provvisoria, come i CPR, divenuti luoghi di detenzione privi dei minimi standard di convivenza e protezione.
Pretendiamo dalle autorità italiane che negli hotspot (centri di identificazione e registrazione) siano rispettate le normative internazionali sui diritti umani in termini di trattamento e di durata di trattenimento. Esigiamo che il Parlamento intervenga sul tema della cittadinanza, portando a termine al più presto il processo legislativo di transizione dal regime dello ius sanguinis a quello dello ius soli. Inoltre, pretendiamo dalla Camere l’approvazione, in linea con le raccomandazioni europee in materia, una legge nazionale che riconosca ai cittadini extracomunitari residenti sul territorio italiano il diritto all’elettorato attivo e passivo nelle elezioni amministrative.
In termini più generali, prospettiamo l’esigenza che il Parlamento possa varare una legge apposita per la creazione di un’istituzione nazionale indipendente per la protezione dei diritti umani, in linea con i c.d. “Principi di Parigi”, adottati dall’Assemblea generale dell’ONU nel 1993 (organismo indipendente, dotato di poteri e risorse adeguati, pluralista nella composizione, accessibile e con un mandato comprensivo di tutti i diritti umani internazionalmente riconosciuti). Ecco, dunque, alcune delle nostre proposte, immaginando che il principio della sicurezza delle frontiere non debba mai prescindere dalla salvaguardia dei diritti umani; ed è anche per questo che sollecitiamo la creazione di un sistema democratico, egualitario, oltre che universale, rispetto alla concessione dei visti.