Si è tenuta lo scorso 7 luglio, a Bologna, una assemblea molto partecipata che ha visto la presenza nella città felsinea di amministratori locali giunti da ogni parte d’Italia, oltre che delle varie realtà associative del terzo settore componenti il Tavolo Asilo Nazionale.
Convocata dall’assessore al welfare e alle nuove cittadinanze del comune di Bologna, Luca Rizzo Nervo, a partire dalla considerazione che perlomeno negli ultimi venti anni le scelte politiche nazionali in materia di immigrazione hanno avuto ripercussioni negative sui territori e sugli enti che devono amministrarli, oltre che sulle persone di origine straniera che hanno visto peggiorare le proprie condizioni di vita, «l’incontro è stato proficuo per diversi motivi», spiega il giurista Gianfranco Schiavone, che vi ha partecipato come componente della segreteria del Forum: «innanzitutto, perché si è trattato di un incontro vero, e con ciò intendo che i partecipanti, nei loro interventi, hanno fatto riferimento alla reale situazione del sistema di accoglienza in Italia. Si è parlato molto del sistema Sai, quello ordinario, a cui tutti noi vogliamo continuare ad appartenere, ma non per questo ne sono state tessute esclusivamente le lodi rinunciando in tal modo a farne emergere le stesse criticità».
Continua Schiavone: «i problemi del sistema Sai che sono emersi e a cui si è fatto riferimento nell’assemblea, sono relativi al fatto che questo sistema è stato smembrato per la seconda volta. La prima volta con i decreti sicurezza, nel 2018, e lo stesso accade oggi dopo il decreto Piantedosi». E poi aggiunge: «in molti abbiamo concordato, e tra di loro anche diversi amministratori locali, sul fatto che non abbiamo protestato abbastanza contro questo smembramento del Sai. Ci sono state poche voci critiche. Mentre la proposta che è emersa a Bologna, in sostanza, è che il sistema di accoglienza non può più essere una scelta neutrale, non si può più affidare alla volontarietà degli enti locali in nome di una considerazione romantica, ma deve diventare una scelta obbligata, di sistema».
Parole, quelle del giurista, che fanno il paio con quelle di Teresa Menchetti, operatrice sociale che ha partecipato all’assemblea di Bologna, anche lei come componente della segreteria del Forum. Dice Menchetti: «L’intenzione del Governo è quello di rendere il sistema ordinario di accoglienza, cioè il Sai, alla stregua di un carico residuale, (n.d.r. per usare l’infelice espressione pronunciata dal ministro dell’interno all’indomani della tragedia di Cutro) rispetto al sistema straordinario. Ora invece da Bologna è emersa la consapevolezza della necessità di un maggiore intervento politico, di un ruolo meno neutrale e più attivo, anche nel racconto del sistema di accoglienza e di ciò che si fa al suo interno, da parte degli stessi operatori e realtà associative. L’espressione carico residuale, in questo senso, andrebbe restituita al mittente, a chi sulle migrazioni continua ad alimentare la macchina della propaganda», conclude Marchetti.
È un fatto troppo noto che sulle migrazioni negli ultimi 20 anni si sia legiferato per ridurre lo spazio dei diritti e per condizionare l’opinione pubblica alimentando strumentalmente le retoriche razziste. «E della gravità di questa scelte si è parlato poco, anche tra i comuni, come se fossero state scelte che non abbiano modificato l’identità del sistema SAI», ha detto Franco Balzi, del coordinamento nazionale di Recosol e sindaco di Santorso in provincia di Vicenza, che ha aperto i lavori di Bologna con un intervento molto apprezzato; un’ assemblea, la prima, di una serie di incontri finalizzati alla creazione di un documento congiunto tra amministrazioni e enti del Terzo Settore che verrà presentato ufficialmente il 3 ottobre, anniversario della strage di migranti al largo di Lampedusa. Per cominciare una riflessione critica profonda, senza la quale è davvero alto il rischio di consegnare il dibattito sulle politiche di accoglienza e dell’integrazione a mera competizione per la sopravvivenza tra apparati burocratici. Per far questo, occorrerà costruire città sempre più accoglienti.