“I terremotati nelle tende e i migranti negli hotel”, così recitava un vecchio adagio, o meglio, fake news, che ha fatto la fortuna delle campagne elettorali dei movimenti sovranisti negli ultimi anni. Nella valle del Mugello, in provincia di Firenze, nel comune di Vicchio, la prefettura di Firenze ha pensato bene di rovesciare di segno e significato quel vecchio slogan delle destre intimando al sindaco di Vicchio, Filippo Carlà Campa, di montare alcune tende dove sistemare sedici richiedenti asilo, e considerati un’umanità in eccesso rispetto alla capienza dei centri di accoglienza straordinari della zona.
«La questione per fortuna sta rientrando», chiarisce Paola Chelazzi, volontaria dell’associazione Oltre, realtà da tempo impegnata nella costruzione di politiche solidali dal basso nella zona del Mugello. Tuttavia, l’attivista racconta che le tende sono ancora lì, «anche se per il momento non le useranno e questo penso sia il risultato dell’ondata di indignazione che questa decisione della prefettura aveva provocato nell’associazionismo della valle». Dice Chelazzi «già qualche settimana fa, in un altro comune, a Pelago, nell’area in cui esiste un centro di accoglienza straordinario, erano state montate delle tende con l’intenzione di ospitare richiedenti asilo in eccesso rispetto ai posti, ma, anche qui, grazie all’interessamento del sindaco, la decisione è rientrata».
La questione, però, è più generale, e riguarda il rispetto da parte di vari gestori dei Cas dei capitolati di appalto predisposti dalla prefettura di Firenze. «In alcuni centri si sono verificati problemi sanitari a causa della mancanza di un medico nella struttura, alcuni richiedenti asilo non sono mai stati visitati, nonostante richieste specifiche», conclude. In verità, i problemi sanitari hanno riguardato in passato anche gli stessi operatori.
Chi scrive, infatti, ha già raccontato l’anno scorso dei contagi di Covid 19 che si sono diffusi in maniera capillare nei centri straordinari di accoglienza situati in provincia di Firenze, che erano tra i più affollati a quel tempo, e in cui era stato impossibile, dunque, garantire l’isolamento. «In alcuni casi è accaduto che persone negative e positive hanno continuato a vivere insieme nella stessa stanza, in attesa del ricovero in ospedale o del trasferimento in alberghi sanitari», mi aveva raccontato allora un’operatrice a cui avevo dovuto garantire l’anonimato, rivelando, inoltre che si era dovuta rivolgere a un sindacato per poter dimostrare alla cooperativa per cui lavorava di essere stata a stretto contatto con una persona positiva. Allarmi sanitari che, in tutti i casi, ritornavano nei racconti forniti da diversi operatori, e di cui la prefettura di Firenze era a conoscenza. La stessa istituzione che oggi propone di ospitare i richiedenti asilo nelle tende senza considerarne, forse, la loro dignità di persone.