Come è ormai noto da giorni, e mentre sul punto impazza la polemica politica, quando il 29 settembre scorso presso la sezione specializzata in materia di immigrazione del Tribunale di Catania si sono tenute le prime udienze di convalida dei richiedenti asilo trattenuti nel nuovo “Centro per il Trattenimento dei Richiedenti Asilo” di Pozzallo istituito dall’ultimo decreto Piantedosi, l’intero impianto della legge è saltato. E il motivo è presto detto. La magistrata di Catania, Iolanda Apostolico, che si è dovuta esprimere nel merito delle convalide dei trattenimenti di alcuni cittadini tunisini sbarcati in Italia intorno al 20 settembre, ha ritenuto che, alla luce della giurisprudenza e della normativa nazionale, e dell’articolo 10 della Costituzione italiana che disciplina il diritto d’asilo, trattenere chi chiede protezione senza effettuare una valutazione su base individuale e chiedendo loro una garanzia economica come alternativa alla detenzione è illegittimo. Non solo. Apostolico ha ricordato che proprio la normativa entrata in vigore una settimana fa in gazzetta ufficiale sull’esistenza della garanzia finanziaria per evitare il trattenimento, è incompatibile con quella dell’Unione europea e, dunque, deve essere disapplicata dal giudice nazionale. La giudice si riferiva nella sentenza al decreto ministeriale emanato il 14 settembre scorso che ha previsto il trattenimento automatico dei cittadini stranieri provenienti da Paesi così detti sicuri che chiedono protezione internazionale, se non presentano personalmente una garanzia finanziaria di 4938,00 euro.
Sono sette, finora, le sentenze di questo tipo emesse dal tribunale di Catania che scardinano l’intero impianto dell’ultimo decreto Piantedosi. E che hanno permesso a giovani uomini tunisini di riacquistare la libertà altrimenti negata da un provvedimento palesemente incostituzionale.
Abbiamo chiesto a Gianfranco Schiavone, giurista di lungo corso e che fa parte della segreteria del Forum, di spiegare gli scenari politici che queste sentenze aprono, anche alla luce delle reazioni scomposte da parte di esponenti della maggioranza al governo.
– Flavio Tosi, deputato di Forza Italia, ha dichiarato che il provvedimento della giudice di Catania è politico, perché dà un’interpretazione pretestuosa della Costituzione, visto che il riferimento all’articolo 13 sulla libertà personale non si applica ai migranti irregolari. Come giudica questa dichiarazione?
– È culturalmente agghiacciante, perché segnala quello che c’è dietro questa vicenda, e cioè il tentativo di voler modificare la parte della Costituzione che riguarda i principi fondamentali. Si tratta di un tentativo, perché nella realtà non è possibile farlo. È chiara l’insofferenza di questa maggioranza verso un tipo di società che si basa sul rispetto della libertà delle persone, non solo degli stranieri.
– Dunque, non c’è solo l’attacco al diritto d’asilo, ma alle libertà fondamentali?
– Esattamente. Sta accadendo ciò che ho sempre pensato e non mi stupisce per nulla. L’attuale governo è composto da forze politiche che si dichiarano di centro destra, ma che di centro non hanno nulla, e stanno emergendo in tutta la loro forza gli estremismi.
– Tornando alla sentenza di Catania, quali scenari apre?
– La decisione della giudice Apostolico apre di certo un varco nella messa in discussione dell’istituto del trattenimento, ma non sarebbe potuto accadere prima. Nel senso che la questione è scoppiata non per ragioni politiche o per un accanimento dei giudici contro il governo, ma semplicemente perché il legislatore ha codificato nell’ultimo decreto quello che era il trattenimento di fatto che già avveniva negli hotspot, una pratica illegittima per cui l’Italia è già stata condannata nel marzo scorso dalla Grande Camera, prima della conversione in legge del decreto Cutro. Così, di fronte alla decisione sulle convalide, la giudice non ha potuto altro che tenere conto dei principi fondamentali della nostra Costituzione.
– E quindi si fa strada la messa in discussione del trattenimento?
– Il governo sa che non può andare avanti su questa strada, perché la norma per come è stata costruita è stata adottata senza nessuna cautela, con eccessivo estremismo. Detto ciò, qui io ci vedo un elemento di arroganza del potere, la convinzione che ormai l’Italia sia abituata a queste compressioni. E noto anche di sicuro grande superficialità, di fronte a cui non posso immaginare che ci possa essere un cambio di visione del governo, che rimane ovviamente molto lontana dalla mia. Ma non vedo altra possibilità, per loro, per evitare di minare alle basi le fondamenta dell’ordinamento, di rimettere cioè mano al decreto Cutro, ma anche ai testi che non sono ancora stati pubblicati, come il decreto sui minori, e come quest’ultimo decreto sul trattenimento che è stato già bocciato dalla giurisprudenza.
– Nel frattempo siamo però definitivamente approdati al modello ungherese?
Non me la sento di escludere nessuna ipotesi in questo momento, anche la peggiore. È chiaro che questo paese ha una storia che non può essere paragonata a quella di una democrazia incompiuta come quella ungherese. Ma ho l’impressione che lo scontro di queste ore tra governo e magistratura riguarda l’identità stessa, che è democratica, della nostra repubblica, con una precisa divisione dei ruoli e un bilanciamento dei poteri, e questo di certo può costituire un argine alla deriva autoritaria. Così come lo sono quei principi di libertà che si diceva all’inizio. Che non sono modificabili, almeno che questa classe dirigente non sogni un altro tipo di repubblica non democratica.