Dietro la sospensione del trattato Schengen la scusa per respingere i migranti

Dopo la decisione da parte di dieci stati europei, tra cui l’Italia, di ripristinare i controlli alle frontiere interne, il principio fondamentale che ha rappresentato la vita stessa dell’Europa è oggi a rischio.

La libera circolazione delle persone nell’area Schengen, infatti, è considerata una delle evoluzioni politiche più significative degli ultimi decenni nel vecchio continente investito durante tutto il ‘900 dai conflitti, dai traumi e dalle lacerazioni tra le popolazioni. Proprio la libera circolazione tra gli stati è uno dei fondamenti dell’architettura stessa dell’Unione, grazie a cui milioni di persone hanno potuto viaggiare, lavorare, studiare, in paesi diversi dal proprio, con una libertà di movimento impensabile fino a un paio di decenni fa.

Ora l’ottusità di alcuni governi europei riporta indietro le lancette della storia, trincerandosi dietro le ragioni della grave crisi internazionale e dei rischi connessi per l’ordine e della sicurezza pubblica.

In particolare, sappiamo che la decisione del governo Meloni di ripristinare i controlli di frontiera lungo il confine tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia rappresenta soltanto l’ennesima misura propagandistica attuata sulla pelle delle persone migranti. Addirittura, un pretesto per provare ad attuare gravissime condotte illegali al confine italo-sloveno: i respingimenti di migliaia di richiedenti asilo già vietati dal diritto internazionale ed europeo. Tornerebbero in tal modo ad attuarsi le pratiche delle riammissioni illegali alle frontiere, già documentate dal film Trieste è Bella di Notte. Perché a loro volta proprio il ripristino dei controlli tra la Slovenia e i suoi confini croati ed ungheresi, potrebbero determinare la ripresa dei respingimenti collettivi a catena lungo la rotta balcanica, come è noto, vietati dal diritto internazionale.

«È proprio la strenua ed indecorosa difesa delle riammissioni illegali attuate dall’Italia nel 2020 messa in atto da parte della classe politica nazionale e regionale del FVG che rende non infondato questo sospetto», dichiara il giurista Gianfranco Schiavone, componente della segreteria politica del Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose e testimone quotidiano di quanto accade lungo la rotta balcanica.  «È un fatto che la gestione di un fenomeno naturale come quello delle migrazioni non può assolutamente rappresentare una motivazione per un continuo ricorso alla misura estrema del ripristino dei controlli alle frontiere interne». Prosegue il giurista: «questo orientamento degli stati Ue non solo può portare ad una costante elusione delle normative internazionali ed europee sul diritto d’asilo e sul rispetto dei diritti fondamentali, ma può condurre anche alla demolizione del principio della libera circolazione, così importante per tutti noi», conclude Schiavone. Tra l’altro – aggiungiamo noi – proprio l’articolo 67 del Trattato sul funzionamento dell’UE prevede che «l’Unione garantisce che non vi siano controlli sulle persone alle frontiere interne».

E, tuttavia, quella della sospensione del trattato di Schengen non è una iniziativa casuale, ma che si combina perfettamente con le politiche europee e nazionali che sono alla base del Patto Europee delle Migrazioni e Asilo e che anch’esse vìolano il diritto di accesso all’Unione europea per chi cerca protezione.

È la politica della gestione delle frontiere esterne all’Ue, che continua a perseguire scopi di contenimento e di respingimento, in netto contrasto con i diritti umani fondamentali. Ed è contro queste scelte che sembrano continuare a tenere banco nelle scelte dell’Unione nella gestione delle migrazioni, che è necessario rafforzare il monitoraggio su quello che accade lungo le frontiere orientali, per denunciare e bloccare eventuali azioni di respingimento a catena.

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