Si è tenuta il 18 aprile la tappa perugina della Road Map per il diritto di asilo e la libertà di movimento, presso la Casa dell’Associazionismo in Via della Viola 1, nel centro storico di Perugia, luogo importante per la sua posizione e perché ospita molte delle associazioni e degli enti del terzo settore della città. È stato un momento fondamentale per creare un’assemblea cittadina di autoformazione dal basso, da qui il titolo “Noi capitani”: per cercare il più possibile, cioè, di creare un senso di coinvolgimento al momento dell’invito e poi lo stesso tra i partecipanti, poiché non si toccano solo temi giuridici, ma si parla di diritti e di persone.
La prima parte ha visto gli interventi degli esperti in merito alle novità normative in materia di immigrazione sia nel contesto europeo che italiano, di Gianfranco Schiavone, giurista, ex vicepresidente ASGI – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione e Presidente di ICS Consorzio Italiano di Solidarietà, insieme a Giovanna Cavallo, esperta legale di protezione internazionale e diritti umani e Coordinatrice del Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose. Il tutto è stato moderato dalla penna e lo sguardo illuminato del giornalista Fabrizio Ricci.
La data dell’incontro è stata successiva all’approvazione del Patto europeo sulle migrazioni, nonostante la campagna del Forum per Cambiare l’Ordine delle cose e di tutta la rete promotrice, che comunque ha portato i suoi frutti, quello di rendere cioè più consapevoli i votanti sulla realtà e le sue conseguenze e soprattutto smuovere l’interesse e la consapevolezza delle persone, facendo nascere queste giornate di incontro di e dibattito.
Il messaggio, infatti, non è stato quello di dire che ci troviamo su un punto di non ritorno, ma invece quello di spingere sempre di più ad azioni di vicinanza e solidarietà verso le persone migranti e di rendere partecipe la cittadinanza su ciò che il patto comporta, quale politica lo esprima, come possiamo-vogliamo agire nel prossimo futuro dato il contesto in cui viviamo. In un momento anche simbolico a livello locale per le votazioni amministrative imminenti, come in molti Comuni e Regioni di Italia, ma anche nazionali per le elezioni in ambito europeo.
Successivamente al momento formativo, il dibattito è stato animato naturalmente da parte del pubblico che, proprio per la natura dell’evento, ha coinvolto sia gli addetti ai lavori, come operatori e referenti delle associazioni del terzo settore della città che lavorano a stretto contatto con i migranti e per l’accoglienza, ma anche parti della società come gli insegnanti delle scuole, medici, volontari, tutti, insieme al giovane pubblico di universitari.
È emersa una forte preoccupazione generale rispetto al rischio della costituzione di altri luoghi di frontiera che concretizzino respingimenti invece nei confronti di persone richiedenti protezione, insieme all’aumento dei rifiuti sommari delle domande di asilo, mancando strumenti e contesti per un’emersione di eventuali vulnerabilità: in primis per minori stranieri non accompagnati o giovani migranti soli, donne vittime di violenze, persone vittime di tratta e di sfruttamento, per disagi post traumatici, patologie fisiche e mentali, al fine di supporti ai ricongiungimenti per il diritto all’unità famigliare e tantissimo altro.
Si è sottolineato, inoltre, come non solo nel periodo storico italiano, ma anche nel contesto europeo, si sta purtroppo spingendo a restringere delle persone nei propri diritti e libertà invece di muoverci verso un’accoglienza diffusa, costruendo attorno a questo un impianto normativo. Presentando gli scenari futuri, è emerso con forza il paradosso di una manovra di facciata propagandistica, volta a sobillare una falsa efficacia dell’inasprimento delle misure: bisogna concentrare invece lo sguardo alla verifica delle condizioni di respingimento, di trattenimento, al rispetto dei diritti umani, alla salvaguardia della dignità delle persone e dei portatori tutti di esigenze speciali.
Si sono sottolineate, infatti, le disastrose conseguenze dei passati “paradossi all’italiana”, delle modifiche normative in materia di immigrazione, che non hanno fatto altro che limitare o cancellare l’ottenimento di tutele di diritti e di regolarità in Italia, soprattutto di soggetti che non smettono di essere riconosciuti come vulnerabili dalla nostra Costituzione. Dall’incontro stesso è emerso il numero di false informazioni e distorsioni che ci sono sul tema: quanti meccanismi portino forzatamente ed in maniera strumentale alla marginalità e all’irregolarità dei cittadini stranieri e di quelli considerati “ultimi” in generale: indigenti, senza fissa dimora, persone con delle patologie o delle dipendenze, etc. Ecco perchè risulta essere importante continuare a difendere diritti come quello alla protezione umanitaria, alla protezione speciale, attraverso tutte azioni di advocacy collettive e strutturate partendo dalla singola tutela.
La serata si è conclusa con una grande cena nel Chiostro di S. Fiorenzo, preparata dalla bottega del commercio equosolidale di Ponte Solidale, grazie alla quale si è vissuto un momento collettivo conviviale ed insieme di riflessione attraverso il cibo, per uno sguardo oltre tanti confini: la Palestina, grazie alla preparazione di un piatto tipico di couscous con le verdure, per poi passare alle arance provenienti dalle campagne del movimento SOS Rosarno nel Sud Italia contro lo sfruttamento lavorativo dei braccianti.
Il Nuovo Cinema Méliès, sempre in Via della Viola a Perugia, ha poi garantito, grazie al patrocinio del Forum, la proiezione gratuita del film di Matteo Garrone “Io capitano”. La sala ha continuato ad essere tutta piena e tra gli spettatori c’erano anche tanti migranti: membri di associazioni culturali nate in città, cittadini stranieri da tanto tempo in Italia ed anche giovani migranti arrivati da poco che hanno condiviso con emozione solo un esempio delle loro tante esperienze migratorie.
Grazie alla condivisione della mission del Forum per cambiare l’ordine delle cose e della Road Map per il diritto di asilo e la libertà di movimento, questa è stata un’occasione di informazione, di formazione, di discussione, ma anche di rendere visibile l’insieme di associazioni, enti e cittadini che desiderano un diverso modo di gestire l’accoglienza delle persone, prima che migranti, prima che richiedenti asilo in Italia.
La tappa perugina, si spera, sia stata appunto un’occasione in più di una serie di altre riflessioni collettive e di momenti di consapevolezza, perché è necessario continuare ad informarsi affinché si possano pretendere decisioni politiche volte alla accoglienza, alla libertà di movimento e soprattutto a canali regolari.
A Perugia, infatti, da questa esigenza sono nati già più di un gruppo di coordinamento di enti e associazioni locali per la cultura dell’accoglienza e del rispetto dei diritti socio-sanitari delle persone. Sono state presentate di contro delle istanze pubbliche alle autorità amministrative locali, così come delle proposte di confronto sulle criticità specifiche ai candidati alle prossime elezioni nella speranza di aprire un dialogo e delle soluzioni finalmente di presa in carico.
Perugia è un esempio delle conseguenze di politiche nazionali e locali sulle persone, un esempio della mancanza di accesso a diritti fondamentali, anche di fronte a vulnerabilità e bisogni speciali: la garanzia all’accesso al sistema sanitario per cittadini stranieri irregolari, per i cittadini comunitari ed italiani in situazioni di indigenza e senza fissa dimora (mancanza del rilascio del codice ENI o grandi difficoltà regionali per l’STP); il diritto alla residenza con lo strumento della residenza fittizia; i disservizi ed i disagi dell’Ufficio Immigrazione della Questura da cui passano le formalizzazioni delle domande di asilo così come genericamente l’ottenimento del documento del titolo di soggiorno in Italia per tutti i cittadini stranieri; le discussioni su come garantire una mobilità accessibile a tutti sul territorio, perché nuovi collegamenti vogliono dire non isolamento ma nuove possibilità; e soprattutto la mancanza di presa in carico del tema dell’abitare e del disagio mentale.
Si vuole invece puntare alla consapevolezza che oggi siano necessari dei piani strutturati e non delle progettazioni a singhiozzo, così come alla lungimiranza di strumenti ormai fondamentali come la comunicazione interculturale dei pubblici servizi, il sussidio dell’antropologia come dell’etnopsichiatria, della figura professionale del mediatore linguistico-culturale, all’attenzione alla diversità e ad un approccio di genere.