«Siamo di fronte ad un vero e proprio passaggio epocale della nostra storia repubblicana, perché stiamo perdendo le fondamenta di uno stato civile. Stiamo andando verso uno stato di polizia, in cui i principi cardine sono la repressione, la lotta al dissenso, la chiusura, tutto questo travestito da ordine e sicurezza».
È nelle parole di Teresa Menchetti, responsabile per le politiche europee del Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose, l’analisi a caldo rispetto a ciò che sta accadendo nelle ultime ore con l’attuazione del protocollo tra Italia e Albania, appena bocciato, tra l’altro, dal tribunale di Roma che non ha convalidato il trattenimento dei richiedenti asilo, in linea con quanto stabilito il 4 ottobre scorso dalla Corte di Giustizia UE. Infatti, i giudici del tribunale di Roma hanno comunicato che «i trattenimenti non sono stati convalidati in applicazione dei principi, vincolanti per i giudici nazionali e per la stessa Amministrazione, enunciati dalla recente pronuncia della CGUE del 4 ottobre 2024 a seguito del rinvio pregiudiziale proposto dal giudice della Repubblica ceca». E ancora, i magistrati hanno stabilito che «il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane è dovuto all’ impossibilità di riconoscere come “paesi sicuri” gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal Protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia». Sic.
«È un progetto che disegna bene una volontà politica, cioè che esiste l’intenzinoe, e non solo del governo italiano, di dimostrare che le persone migranti possono essere tenute lontane dall’Unione Europea, anche se questo non accadrà, sia per una questione di costi, sia perché la storia ce l’ha insegnato che i movimenti migratori non si fermano, ancor che se repressi». Continua Menchetti: «il costo del trasferimento di questi richiedenti asilo, che dapprima erano 16, poi 12, a conti fatti, è pari al costo di un anno di accoglienza per queste stesse persone, è evidente che non si sta investendo in integrazione, ma in repressione». E ancora, aggiunge l’attivista: «a questo spreco di denaro pubblico, si aggiunge che le stesse risorse attivate per selezionare e deportare queste persone con le navi della Marina militare con i soldi di tutti noi, potrebbero essere impiegate per il rifinanziamento di operazione di salvataggio della stessa Marina come Mare Nostrum».
In tutti i casi, è un fatto che il protocollo tra Italia e Albania affonda le sue radici in un modello europeo di gestione delle migrazioni di cui il Patto Europeo Migrazioni e Asilo, che contestiamo da un anno insieme a tante altre organizzazioni della società civile, è il modello di riferimento. Proprio in queste ore, infatti la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha convocato un incontro informale a cui hanno partecipato i leader di 11 paesi, Danimarca, Olanda, Austria, Cipro, Polonia, Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Malta, Slovacchia, insieme alla presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen (quest’ultima dichiaratasi entusiasta del modello di intesa tra Albania e Italia). Nel summit si è discusso del “piano Albania”, ma anche di altre ipotesi dello stesso tipo su cui stanno lavorando Olanda e Danimarca, rispettivamente, con Uganda e Kosovo, ma per costituire gli hub dei rimpatri nei confronti dei migranti che hanno ricevuto un diniego della propria domanda d’asilo in un paese dell’Unione Europea.
Quello tra Italia e Albania è, dunque, un accordo che viene da lontano, affondando le sue radici nelle politiche europee, nelle ipotesi di cooperazione che la stessa Commissione auspica tra gli stati per il contenimento delle migrazioni forzate, e che trova spazio nella vaga formulazione del Regolamento per la gestione dell’asilo e della Migrazione alla base del Patto già approvato dal Parlamento europeo. Ecco perchè riteniamo che sia necessario andare alla radice delle politiche europee per comprendere quelle italiane e, per questo, il Forum ritiene necessaria ed urgente continuare la mobilitazione contro il Patto Europeo Migrazioni e Asilo.
In quest’ottica, prosegue il percorso di consultazione della società civile e di collaborazione con i europarlamentari critici sul Patto, con cui abbiamo in programma altri momenti di incontro e confronto, dopo quello che si è tenuto qualche giorno fa con l’europarlamentare Cecilia Strada. A tutti loro, come si ricorderà, abbiamo inviato una lettera aperta promossa da centinaia di sottoscrittori.
Tornando al protocollo tra Italia e Albania, c’è una questione che ha fatto notare un giurista attento come Gianfranco Schiavone, e cioè, che nell’ipotesi di una non convalida del trattenimento, come è avvenuto in questi minuti, il richiedente non è detto che venga rilasciato, ma è altamente probabile che venga trasferito all’interno di un Centro Per il Rimpatrio, Cpr, in Italia, da cui potrà soltanto tentare di ricorrere contro il rigetto della domanda di asilo e l’allontanamento coattivo, un ricorso da presentare in 14 giorni in una condizione di isolamento. E, se alla fine rimarranno i trattenuti, il governo avrà vinto il suo gioco perverso condotto sulla vita delle persone.
Leggi il provvedimento del tribunale di Roma