Le amare pillole del 2024

a cura Giovanna Cavallo_Coordinatrice del Forum

Se in Italia si è imposto un clima politico violento e un sovranismo identitario e conservatore.

Il 2024 si è aperto con un pessimo inizio di violenza politica; il parlamentare pistolero, Emanuele Pozzolo di FDI inaugura il primo giorno dell’anno sparando durante un ricevimento e pochi giorni dopo assistiamo al saluto fascista del raduno di Acca Larentia. 

C’è un detto che non smentisce il bilancio di quest’anno appena trascorso: gli avvenimenti di inizio anno caratterizzano tutto l’anno.

Le forze politiche di maggioranza continuano infatti a dichiarare guerra alle persone migranti e ai poveri e in particolare all’opposizione sociale e politica, continuando a caratterizzarsi come governo repressivo ed estremista. 

Le stragi delle frontiere. 

Innanzitutto partiamo dalla conta delle stragi nel 2024, una drammatica statistica di oltre 10mila persone morte soltanto tra il Mediterraneo centrale e la rotta atlantica, senza dimenticare come anche il mare egeo abbia visto diverse tragedie legate ai naufragi di imbarcazioni dei migranti. Una strage infinita che non si intende fermare. Uno degli ultimi naufragi al largo delle coste italiane di Lampedusa ha visto la morte di 44 persone: solo una bambina di 11 anni, originaria della Sierra Leone, è stata tratta in salvo dai soccorritori il giorno dell’immacolata, ritrovata a galleggiare in acqua, da sola, con indosso un giubbotto salvavita fatto da due camere d’aria, nel cuore della notte. Non aveva né acqua né cibo. Non si tratta di stragi casuali, ma di vittime che sono conseguenza diretta di inaccettabili accordi per il controllo delle frontiere che noi stessi abbiamo eretto al di qua e al di là del Mediterraneo.

Proprio volendo perseguire tali obiettivi di controllo il 2024 si caratterizza da parte italiana con un ambizioso progetto targato Italia che vorrebbe richiamare la memoria di Enrico Mattei;  un Piano da 5.5 miliardi presentato a gennaio di quest’anno durante il vertice Italia – Africa e che coinvolge 9 paesi pilota (Marocco Algeria Tunisia ed Egitto in nord africa e Costa D’Avorio, Repubblica del Congo, Mozambico, Kenya ed Etiopia per l’Africa SubSahariana). Durante il Vertice la Presidente Meloni usa toni enfatici sia nel suo intervento di apertura che nelle dichiarazioni conclusive. Ribadisce che l’Africa occuperà un posto «importante» nell’agenda del G7 “sotto la nostra presidenza” e resterà “una delle priorità strategiche della politica estera italiana” che è da sempre il “ponte” tra Africa ed Europa e che aspira a trasformarsi “nell’hub energetico” dell’intero continente. Parla di “cooperazione paritaria”, di “superare lo schema Stato donatore-Stato beneficiario” e quindi di “condivisione” e “collaborazione” con i Paesi africani anche se proprio il presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki, rivolgendosi direttamente alla presidente del Consiglio ha rimarcato di “non essere stati consultati”.

Ma in realtà da allora l’Italia ha cercato di determinare quello che Luca Casarini ha definito il “Nuovo Ordine” sulla base dei diversi rapporti che nel corso dell’anno sono stati strutturati e consolidati con paesi di transito attraversati dalle persone in movimento, come Libia, Tunisia ed altri, anche al fine di controllare e gestire i movimenti delle persone migranti in quella regione. ​A tal fine la Presidente Meloni si presenta nei numerosi vertici internazionali lungo questo periodo, utilizzando la crisi migratoria come un’opportunità per proporre un nuovo “ordine post-democratico” ​ con un approccio coloniale moderno ma che affonda le sue radici in un passato fascista. La convergenza tra diverse forze politiche europee sulla gestione dei migranti viene vista come un’egemonia che Meloni rivendica e che concretizza anche con l’aiuto della Commissione Europea, come nel caso dell’accordo con Saied del 2023 stipulato “a tutti costi”. Infatti secondo un’indagine indipendente, la Commissione Europea non ha adottato una valutazione d’impatto indipendente sui diritti umani prima di firmare il protocollo d’intesa con la Tunisia e non ha effettuato valutazioni periodiche autonome dell’impatto delle azioni attuate nell’ambito del protocollo d’intesa, nonostante da diverse parti questo patto sia definito come il Patto della “vergogna” perché grazie anche a questo accordo sono stati documentati e denunciati da diverse organizzazioni tra le quali Refugees in Lybia e Mediterranea Saving Humans, casi di tortura e di trattamenti disumani verso le persone migranti che sono arrivate in Tunisia. Il Guardian, nel denunciare questi casi, documentati grazie a decine di testimonianze, pubblica un rapporto subito dopo l’incontro della Meloni con Starmer, riportando le parole di elogio del premier inglese per il modo nel quale l’Italia ha ridotto il numero degli sbarchi, e poi spiega perché questi sbarchi si sono ridotti. E lo fa con un lungo e informatissimo reportage nel quale spiega con crudezza i metodi usati dalle guardie tunisine, pagate dall’Italia e dall’Europa: torturano, uccidono, stuprano e imprigionano migliaia di donne, accecano, spezzano gli arti, e abbandonando le persone nel deserto lasciandole lì senza acqua né cibo ad aspettar la morte

Ma soprattutto vale la pena ricordare che mentre il governo di Al Sisi è sotto inchiesta per il caso di Giulio Regeni, e considerando cosa ha fatto circa il caso di Patrick Zaki, il 17 marzo la Premier Meloni e i primi Ministri del Belgio De Croo, della Grecia Mitsotakis, di Cipro Christodoulidis e dell’Austria Nehammer hanno firmato un memorandum con il presidente egiziano: un’intesa finanziaria da 7,4 miliardi di euro che prevede una partnership su stabilità economica, relazioni politiche, investimenti, migrazione, sicurezza e capitale umano. Su questo fronte si starebbe muovendo anche la Commissione Europea, valutando un accordo di natura economica da firmare con il Governo libanese sulla scia di quelli già firmati con Tunisia, Mauritania ed Egitto. Tutti, tranne quello con la Mauritania, hanno visto la presenza fissa di Meloni e Ursula von der Leyen. Da non dimenticare il caso del Libano dove, in occasione della sua visita a Beirut, la Premier aveva l’obiettivo di stipulare il piano per evitare che i rifugiati siriani viaggiassero verso Cipro, avamposto dell’Unione europea che dista “solo” 160 chilometri. Ad annunciare un possibile accordo tra Bruxelles e Beirut è stato il vicepresidente della Commissione europea, Margaritis Schinas, nella sua visita a Cipro dello scorso 22 marzo. Le regole potrebbero essere simili a quelle fissate con l’Egitto: “Abbiamo lavorato a lungo con l’Egitto, ma ritengo che sia assolutamente realistico procedere allo stesso modo con il Libano”.

Ed  ecco come durante il 2024 prende corpo una terribile strategia di esternalizzazione finalizzata ad attuare quella che Achille Mbembe definisce necropolitica e che trova una delle sue declinazioni nelle operazioni a catena di confinamento, con la creazione di una specifica entità politico-geografica che separa l’umanità, relegando parte di essa ad una sfera di azioni disumane ma “accettabili”.

La detenzione amministrativa come non luogo del diritto. 

Ma ciò non accade solo al di fuori dello spazio fisico “occidentale”. Abbiamo purtroppo già una lunga esperienza di “non luoghi” nei quali innalzare le frontiere morali oltre le quali confinare esseri umani esclusi dallo stato di diritto. Il 2024 infatti, in linea di continuità, resta caratterizzato da tragedie che colpiscono esseri umani rinchiusi nei centri di detenzione. Nei primi mesi dell’anno assistiamo, nostro malgrado, ad un uso scellerato della privazione della libertà e della detenzione amministrativa che miete vittime innocenti che vanno ricordate. Nei CPR italiani, che a più riprese saranno sotto inchiesta da nord a sud, perdono la vita Belmaan Oussama e Ousmane Sylla, vittime del sistema totalizzante dei centri di permanenza che saranno tra le altre cose al centro di una indagine che ha messo in grande imbarazzo l’esecutivo. Poche settimane fa il Comitato anti-tortura del Consiglio d’Europa ha denunciato trattamenti degradanti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) italiani, evidenziando l’uso diffuso di psicofarmaci e senza alcuna prescrizione medica, numerosi e continui maltrattamenti fisici, ammanettamenti prolungati e uso eccessivo della forza da parte della polizia; una vera e propria vergogna nazionale che colpisce, tra le migliaia di persone forzatamente clandestinizzate, una minima parte che viene rinchiusa nei CPR. Riprendendo le parole dell’ex garante nazionale per le persone private della libertà personale Mauro Palma nella sua relazione al Parlamento per il 2022,  “il tempo sospeso” riferendosi al trattenimento, “è stato semplicemente sottratto alla vita per diventare simbolo rassicurante per la collettività”. E dunque come osserva Gianfranco Schiavone, se l’efficacia del sistema dei trattenimenti è quasi nulla visto il basso numero delle espulsioni realmente effettuate (e lo è sempre stata nel corso degli anni) significa che il sistema esiste per rispondere ad altre finalità politiche che sono funzionali a costruire una finta rassicurazione ma che nei fatti costruiscono il consenso proprio su queste frontiere morali della disumanità. La detenzione amministrativa che, nella forma di trattenimento negli hotspot, con il Decreto “Cutro” è stata ampliata ad altre categorie di migranti, nel solco delle normative europee in via di applicazione nei prossimi anni, ha determinato diverse sperimentazioni fuori e dentro il nostro territorio fino ad arrivare in Albania. il 7 maggio 2024 il Governo ha allargato l’elenco dei paesi di origine sicuri a ulteriori paesi, includendo così quelli di origine da cui provengono la maggioranza dei migranti che arrivano sulle coste europee, che poi è stato ulteriormente modificato in virtù di alcune censure giurisdizionali. Le conseguenze per i richiedenti asilo provenienti da un paese incluso in questa lista sono molto rilevanti in relazione alla possibilità di far valere effettivamente il proprio diritto di asilo, con gravi limitazioni del diritto di difesa e del diritto a rimanere nel territorio dello stato fino all’esame completo della domanda. Sappiamo intanto come è andata a finire: gli hotspot  italiani sia dentro che fuori dai confini sono chiusi o di fatto inutilizzati perché basati su normative illegittime e al vaglio della Corte Europea. Ora dobbiamo solo aspettare le contromosse annunciate dal Governo che assicura il proseguimento di questo progetto tanto costoso quanto disumano. 

In Italia non si entra neanche per motivi di lavoro. 

A fronte di tutto questo l’altra pillola amara di questo 2024 riguarda la politica degli ingressi legali, estremamente inefficace e desolante. Il decreto flussi, come denunciato dalle organizzazioni che fanno capo al Forum e alla campagna ero straniero, non ha funzionato: solo il 23% delle quote di ingresso si è trasformato in permessi di soggiorno e impieghi regolari. Le domande di ingresso sono state molto più numerose delle quote disponibili, creando un sistema rigido e inefficiente. ​ Molti lavoratori sono finiti in una condizione di irregolarità e precarietà, senza alcuna possibile soluzione. Questa condizione critica nella quale queste norme spingono i lavoratori e le lavoratrici fanno il paio con la sciatta e rozza attenzione del Governo verso la classe lavoratrice alla quale lo stato dovrebbe restituire sicurezza e dignità. Se le norme sugli ingressi favoriscono caporalato e sfruttamento, perche rendono le persone che lavorano ricattabili e sfruttabili come nel caso del Decreto Flussi, mancano altre  norme non garantiscono le tutele e la sicurezza necessarie sui luoghi di lavoro: e così la morte di Satnam Singh diventa una sua “leggerezza”, che gli è costata la vita. 

Poco prima della sua morte, agli inizi di giugno venne nominato commissario per il superamento dei ghetti il prefetto di Latina Falco, al fine di svincolare i 200 mln di euro del PNRR per il superamento dei ghetti, che tuttavia non sono stati ancora concretizzati in progetti. Nel contesto generale e tragico delle morti sul lavoro che nei primi 10 mesi del 2024 conta 890 vittime, 3 ogni giorno, e aumentate significativamente in agricoltura e nelle costruzioni, non ha per nulla spinto il governo a premere l’acceleratore sulla macchina legislativa per fermare questa strage, a dispetto invece di quanto fatto per la politica migratoria che vede un record di decreti di emergenza dal suo insediamento. Lasciare persone migranti in balia di caporalato e sfruttamento, significa non adottare misure necessarie per garantire tutele nel mercato del lavoro. 

La violenza della politica italiana. 

Violenza politica, azioni di propaganda, razzismo istituzionale. Il 2024 è stato un annus horribilis. All’inizio di novembre il rapporto dell’ECRI (Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza), mette nero su bianco “il ruolo delle equality bodies nell’accesso e nella garanzia della parità di diritti, la diffusione dei cosiddetti discorsi e le violenze motivate dall’odio, i processi di “integrazione” delle persone migranti e rom nella società e, infine, il razzismo istituzionale, che si manifesta, non solo ma anche nella pratica di quella che è definita a livello internazionale “profilazione etnica” da parte delle forze dell’ordine”. 

L’ECRI monitora discriminazioni su vari fronti e il rapporto evidenzia un aumento della xenofobia e dei discorsi di odio in Italia, specialmente da parte di politici durante i periodi elettorali. ​Una particolare attenzione è dedicata al discorso pubblico politico e istituzionale e all’impatto negativo che provoca sui processi di inclusione sociale dei migranti: si osserva infatti che “l’atmosfera creata dai discorsi politici e dalle varie dichiarazioni pubbliche sul tema della migrazione crea seri ostacoli all’effettiva integrazione ed inclusione dei migranti, mette in pericolo le attività delle organizzazioni non governative che forniscono sostegno ai migranti e mina l’indipendenza della magistratura quando si occupa di casi di immigrazione”. Certamente non si tratta di casi isolati o cosiddette mele marce. Come l’inchiesta di Fanpage ha evidenziato, un’intera generazione di Fratelli D’Italia esprime sentimenti fascisti e razzisti.  Questo significa che i giovani del partito al governo, ma probabilmente anche tutta la classe dirigente, non hanno fatto i conti con il proprio passato. 

Non stupisce, tornando al punto di partenza, che una delle prime azioni legislative del Governo è il DDL 1660, noto anche come Disegno di Legge Sicurezza, presentato il 24 gennaio 2024. Le norme contenute nel pacchetto violano diritti umani, criminalizzano e reprimono intere categorie sociali e i loro diritti a dissentire e a manifestare. Sintetizza bene Gianfranco Schiavone quando richiama la nozione di  di “diritto penale del nemico”, come di un sistema giuridico differenziato che applica misure repressive in modo selettivo a determinate categorie di persone. ​ Questo approccio, radicalmente incompatibile con l’ordinamento democratico, crea un trattamento giuridico diverso basato sulla nazionalità o sullo status di soggiorno, ma anche sulla condizione sociale ed è creato per alimentare un’ossessione per la sicurezza, giustificando politiche repressive che colpiscono trasversalmente una fascia intera di cittadini e cittadine e la libertà di protesta e di dissenso.  

E la speranza?

Non si può nutrire molta speranza per l’anno che verrà. Non è chiaro a che punto di non ritorno siamo arrivati; quello che è certo e che siamo noi e i nostri corpi, le nostre parole e le nostre azioni a dare “carne alla fratellanza” per riprendere le parole di Mattia Ferrari, quando parla delle stragi in Tunisia. Sono in gioco migliaia di vite, ma anche di sogni; probabilmente ha ragione quando dice che non bisogna smettere di crederci.

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