Le voci di Refugees in Libya e la vergogna italiana

Le testimonianze di “Refugees in Libya” ieri a Montecitorio hanno messo in luce la gravità delle violazioni dei diritti umani subite dai migranti e sottolineato la necessità di un intervento urgente per garantire giustizia e protezione.

L’atroce realtà in Libia

Mercoledì scorso a Montecitorio, Lam Magok, David Yambio e Daoud Mahamt di Refugees in Libya hanno condiviso le loro esperienze strazianti nel centro di detenzione di Mitiga, in Libia. Le loro testimonianze hanno confermato ciò che tutti sanno da anni: una realtà fatta di tortura, abusi e condizioni disumane. Hanno descritto come siano stati costretti ai lavori forzati e obbligati a rimuovere i cadaveri e delle condizioni disumane nel campo di Mitiga.

Lam Magot ha raccontato con grande coraggio di essere stato “picchiato e torturato personalmente da Osama Almasri”, quest’ultimo come sappiamo accusato di crimini di guerra e contro l’umanità. “Speravo di trovare giustizia in Italia, ma sono rimasto scioccato quando ho saputo che Almasri era stato rilasciato e rimpatriato in Libia.”

La lettera alla Premier Giorgia Meloni, presentata durante la conferenza stampa, chiede infatti la cessazione degli accordi tra Italia e Libia che consentono queste torture, il rilascio di tutti coloro che sono ancora imprigionati in Libia e una spiegazione ufficiale del perché Almasri sia stato rilasciato invece di essere consegnato alla Corte Penale Internazionale.

L’atto politico e il caso Almasri

In queste ore il governo si sta nascondendo dietro la discrezionalità dell’atto politico sul caso Almasri. Certamente queste decisioni del Governo, che sono caratterizzate da un alto grado di discrezionalità e spesso non sono soggette a controllo giurisdizionale, restano limitate dai principi giuridici e costituzionali che devono essere rispettati.

La Corte Costituzionale nel 2012 ha già chiarito che anche gli atti politici devono rispettare i principi stabiliti dalla legge e dalla Costituzione, come la legalità, ovvero il rispetto delle leggi, la parità e la “non discriminazione” e il rispetto delle convenzioni internazionali. Il governo deve rispettare gli accordi e le convenzioni internazionali che il paese ha sottoscritto, come ad esempio lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, che obbliga i paesi firmatari a cooperare pienamente con la CPI, incluso l’arresto e la consegna di individui accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. La giurisprudenza ha stabilito che quando un atto politico viola questi principi fondamentali, può essere soggetto a controllo giurisdizionale. Questo significa che se un atto politico oltrepassa i limiti imposti dalla legge, può essere contestato e annullato da un tribunale.

“Il caso Almasry non è uno scandalo, è la conseguenza tragica e naturale di 15 anni di strategia folle e disumana nelle politiche migratorie, che affidano le vite dei migranti e la dignità della nostra democrazia alle Milizie dei trafficanti il cui potere è assoluto e le cui tasche si riempiono di soldi pubblici italiani da anni”. Così ribadisce Andrea Segre, regista fondatore del Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose e autore del libro “SCRITTI MEDITERRANEI” ripercorre questi anni esplorando le vite e le storie dei migranti nel Mediterraneo, mettendo in luce ingiustizie e sofferenze. 

Vogliamo ringraziare Refugees in Libya e Mediterranea Saving Humans. Queste testimonianze e i fatti emersi evidenziano l’urgenza ormai non più procrastinabile di rivedere le politiche della migrazione garantendo il rispetto dei diritti umani con l’immediata interruzione di ogni accordo di esternalizzazione delle frontiere. È essenziale che le decisioni politiche siano conformi ai principi giuridici e costituzionali e che i diritti delle persone migranti vengano tutelati, aprendo canali legali di ingresso e ampliando i corridoi per chi necessita di protezione. La gravità delle violazioni evidenziate richiede un’azione immediata per garantire giustizia e protezione per tutti coloro che ancora sono nel buco nero libico. 

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