Una raccolta fondi finalizzata all’acquisto di materiale sanitario – guanti, gel igienizzante, mascherine – necessario a limitare la diffusione del virus all’interno degli insediamenti informali della zona conosciuta come La Capitanata, nel foggiano, in Puglia: è l’iniziativa messa in atto da Camilla Macciani e Antonio Ruggiero, attivisti da tempo presenti nella zona del foggiano e in particolare nell’insediamento di Borgo Mezzanone. Aree dove vivono migliaia di migranti “in condizioni abitative e igienico-sanitarie precarie”, come evidenziano i due attivisti, che hanno deciso di donare il materiale acquistato a Intersos, ong che da due anni porta avanti assistenza sanitaria all’interno degli insediamenti, in cui vivono circa 2000 persone, la stragrande maggioranza impiegata come braccianti nel settore agricolo.
“Per ora siamo a zero casi. La sfida è mantenere questa situazione”, ci dice Alessandro Verona, responsabile del programma messo in campo dalla ong. Una sfida, quella di cui parla Verona, difficile quanto essenziale negli insediamenti, le cui criticità sono note. Nonostante le numerose denunce delle realtà impegnate nella tutela dei diritti, da sempre manca una reale presa in carico istituzionale. E oggi il contesto di emergenza rischia di rendere ancora più vulnerabili le persone che vivono e lavorano in questo territorio. “Nei ghetti e negli edifici occupati si vive in condizioni di promiscuità e spesso senza accesso all’acqua e ai servizi igienici. Condizioni – spiega Intersos – in cui è impossibile mettere in atto le misure necessarie per la prevenzione dell’epidemia, a partire dal lavaggio delle mani. Inoltre in caso di contagio sarebbero difficili anche le misure di contenimento”.
Quello che servirebbe è “un tetto per le persone presenti nell’area”, afferma Verona, sottolineando che non si può però pensare a grandi strutture, che non consentirebbero di osservare le misure previste. “Sappiamo che è utopico parlare di micro accoglienza ora, quando sono vent’anni che viene richiesta”. Nel frattempo quindi si prova a intervenire sulla situazione attuale. Per lavorare sulla prevenzione, la ong ha sollecitato la Regione Puglia, chiedendo di incrementare l’accesso all’acqua, assente in diversi insediamenti, e ai servizi igienico-sanitari. “Abbiamo trovato nella Regione un interlocutore. Grazie all’intervento istituzionale stiamo collaborando in maniera più stretta con l’Asl, e dietro stanziamento di risorse ora abbiamo due unità mobili con cui operiamo 6 giorni su 7. Questo ci consente di essere molto più capillari e attivi con le attività di informazione e prevenzione”.
Ma Verona allunga anche lo sguardo verso il prossimo futuro: “Insediamenti di questo tipo sono, tristemente, quarantene fisiologiche ventennali, amaramente separati dal resto. Per le persone che ci vivono, il pericolo maggiore arriverà dopo: quando si tornerà alla vita normale”. La riflessione del responsabile di Intersos mette in luce come una curva discendente per la popolazione italiana non corrisponda a una riduzione del rischio per le persone che vivono in contesti di fragilità. “Al contrario: un aumento della mobilità potrebbe creare molti problemi. I braccianti torneranno a lavorare nei campi, senza alcuna tutela”.
Nel frattempo, al problema dell’epidemia si somma quello della povertà: la precarietà lavorativa ed economica in cui queste persone sono costrette da anni di sfruttamento, con impieghi senza contratto e senza garanzie, ne aumenta la vulnerabilità. “I braccianti lavorano con il sistema del caporalato. Essendo stati limitati i trasporti, ed essendo il caporalato una pratica irregolare, moltissime persone non riescono a raggiungere i luoghi di lavoro, spiega Camilla Macciani, che sottolinea anche come moltissimi di questi lavoratori siano estromessi dal sussidio previsto dallo stato: “Il governo ha pensato al settore agricolo, quindi teoricamente i braccianti dovrebbero ricevere il contributo di 600 euro: pensato però solo se si possono dimostrare 50 giornate lavorative nel 2019. Il problema è che a tantissima gente non vengono segnate le giornate di lavoro, oppure si lavora totalmente in nero”.
Proprio il lavoro di queste persone, da sempre invisibilizzato, è da qualche giorno al centro di diversi discorsi politici. L’attuale contesto di emergenza ha messo in luce “il ruolo essenziale che ricoprono nel garantire l’approvvigionamento di beni alimentari per tutto il paese”. La ministra per le Politiche agricole Teresa Bellanova si è dichiarata favorevole ad un provvedimento di regolarizzazione legato appunto al settore agricolo. “Togliamo la foglia di fico rispetto alle persone senza permesso di soggiorno”, commenta Verona, specificando che le persone che vivono negli insediamenti de La Capitanata sono per la maggior parte titolari di documento. “Ma le situazioni di irregolarità aumentano, soprattutto a causa dei decreti sicurezza che hanno eliminato la protezione umanitaria”. Secondo il referente di Intersos occorre elevare il dibattito: “La sanatoria di cui parla il governo appiattisce tutto sul piano lavorativo. Ma qui si tratta di dignità. Non è una questione di lavoro ma di diritti umani. Ci sono persone che da anni vivono e lavorano in queste condizioni, scegliendo questa vita a loro spese pur di non delinquere. E queste condizioni determinano, come stiamo vedendo, una serie di effetti anche sulla salute pubblica”.
E’ quanto mette in luce anche la campagna Siamo qui – sanatoria subito, evidenziando la presenza di oltre seicentomila persone in Italia “sprovviste per effetto della legislazione italiana (dalla Bossi-Fini alla legge Salvini) del permesso di soggiorno, che devono vivere spesso in condizioni abitative precarie o insalubri e condivise con altre persone e che non possono accedere al servizio sanitario nazionale, non hanno un medico di base cui rivolgersi in caso di malattia, ma come tutti rischiano di essere contagiati dal coronavirus o di diventare, loro malgrado, veicolo di contagio”.
In attesa di un “profondo ripensamento delle politiche migratorie – si legge nell’appello della campagna – il momento che stiamo attraversando richiede una risposta urgente e generalizzata: una sanatoria subito, che abbia come unico presupposto la presenza in Italia a oggi”.
Come Forum aderiamo con forza alla campagna, sollecitando il governo a mettere in atto azioni concrete di tutela verso i diritti. Di tutti.