La proposta del Governo di dare permessi di 6 mesi e solo per alcune categorie di lavoratori è insufficiente, iniqua e di difficile applicabilità.
Chiediamo una vera assunzione di responsabilità: permessi di lavoro o ricerca lavoro per chiunque fosse in Italia prima del 29 febbraio e l’apertura di vie regolari e sicure per evitare di continuare a creare “vite illegali”.
Per evitare al paese rischi sanitari e per riconoscere i diritti di migliaia di uomini, donne e bambini ridotti in clandestinità da politiche migratorie fin qui irresponsabili e pericolose.
Anni di politiche sull’immigrazione senza regole e procedure che consentano di entrare in modo regolare per cercare un lavoro o anche solo stipulare un contratto e senza leggi che consentano a chi lavora in nero di essere assunto hanno prodotto decine di migliaia di persone che sono rimaste senza permesso di soggiorno anche quando vivono da molto tempo in Italia. Norme che hanno creato un enorme mercato sommerso del lavoro che ha prodotto enormi distorsioni tanto per gli italiani che per gli stranieri rallentando la crescita del Paese .
Ora, di fronte ad una pandemia che mette tutto in discussione, che permette – anzi impone – scelte radicali, che mostra chiaramente chi si prende cura dei nostri anziane e ci aiuta nelle nostre case, mentre la crisi dell’agricoltura mostra che qualcuno lavora, lì, che qualcuno ha raccolto i frutti della terra che in questi anni sono arrivati sulle nostre tavole, il governo ha la possibilità di fare un provvedimento serio. Un provvedimento netto, senza troppa burocrazia, che serva a combattere il lavoro nero e la concorrenza tra lavoratori che avviene proprio quando si è costretti ad accettare qualsiasi condizione di lavoro e di vita: un permesso di un anno, rinnovabile e convertibile per tutti gli uomini e le donne che si trovino già in Italia al 29 febbraio.
Un provvedimento che si chiama “emersione”, e non “sanatoria” perché non c’è una mancanza o un comportamento da sanare ma norme inique alle quali porre rimedio
Il Governo propone un permesso vincolato solo ad alcune mansioni e di pochissimi mesi (consegnandolo agli interessati di fatto già scaduto), o in alternativa il nulla. Quindi, la badante si, il muratore no, il bracciante sicuramente, il manovale forse….. come se fossimo al mercato degli schiavi. Senza rispetto per la dignità della persona, queste appaiono le alternative sul tappeto dello scontro politico in atto. Una incapacità che rischia di avere come conseguenze mantenere l’irregolarità, alimentare lo sfruttamento e restare inattivi contro la possibile diffusione di nuovi focolai incontrollabili e non tracciabili.
Sembrerebbe la sceneggiatura di un film comico. Se non fosse tragico.
E’ una questione di diritti, naturalmente. Ma è anche una questione di realismo, di difesa di un intero corpo sociale – quello di tutti coloro che vivono in Italia, indipendentemente dalle provenienze; cittadini e non.
Lo ribadiamo. La pandemia impone tempi lunghi di ragionamento. Almeno, se non è troppo chiederlo, di un anno. E non farse.
Per il contenimento Covid-19, è indispensabile sapere chi c’è in Italia e includerlo nei percorsi sanitari di prevenzione, diagnosi e cura: riguarda la salute di tutti.
Regolarizzare aiuta a combattere il lavoro nero e toglie la concorrenza a ribasso tra i lavoratori. Lasciarli invisibili e senza diritti li costringe ad accettare qualsiasi paga e qualsiasi sfruttamento. Ed in una fase di crisi economica e sociale come questa, ciò danneggia tutti i lavoratori, e li spinge ad una guerra fra poveri. Guerra tra italiani e stranieri, tra italiani ed italiani, tra stranieri (sommersi) e stranieri (salvati) producendo ancora sacche di emarginazione e una società sempre più violenta.
La nostra proposta quindi –realistica, prudente, già frutto di mediazione – è chiara: un permesso di un anno, rinnovabile e convertibile, per lavoro o per ricerca lavoro, per tutti gli uomini e le donne che si trovino in Italia dal 29 febbraio.
Per permettere ai migranti, alle loro famiglie e ai loro bambini, di venire alla luce, nell’interesse di tutti, di denunciare il loro sfruttatore ed avere un lavoro vero, contribuendo alla vita economica, sociale e culturale dell’Italia.