Documento finale Assemblea cittadina di Pesaro e Urbino

Premessa generale alle proposte emerse.

Le proposte illustrate qui di seguito sono nate dal confronto tra alcune cittadine e cittadini di Pesaro e Urbino che dal 23 novembre 2023 fino al 3 febbraio 2024 si sono confrontati in tre gruppi di lavoro, a partire dall’invito fatto durante l’Assemblea Cittadina promossa dal Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose insieme a tante altre realtà nazionali e locali per la Road Map per il Diritto d’Asilo e la Libertà di Movimento.

I tre gruppi che si sono costituiti erano così suddivisi: il primo sull’impatto della Legge 50/2023 sul territorio della nostra provincia, il secondo sul regolamento RAMM e infine un terzo sui regolamenti SCREENING e PROCEDURE.

Quello che chiede la società civile di Pesaro e Urbino che ha preso parte alla Road Map per il Diritto d’Asilo e la Libertà di Movimento è che l’Europa riparta mettendo al centro i suoi valori e i suoi principi: i diritti umani, la libertà di movimento, la democrazia, etc. Il Patto Europeo per l’Asilo e la Migrazione deve investire su accoglienza e inclusione considerando la persona migrante come risorsa culturale, sociale e umana.

Questo percorso ha dato modo al gruppo promotore locale di creare un processo, che siamo consapevoli non finirà qui e che ci porterà a continuare a perseguire i seguenti obiettivi:

  • continuare a contribuire a percorsi di promozione dal basso mirati a proporre alternative possibili a regolamenti o decreti che violano i diritti umani;
  • continuare a creare occasioni di sinergia e lavoro di rete tra diverse realtà associative e non che si occupano dei temi della migrazione e dell’accoglienza;
  • continuare a stimolare le amministrazioni locali a questo dibattito.

SINTESI DELLE CRITICITA RISCONTRATE:

L’analisi del Patto ci porta alla riflessione e preoccupazione che le maggiori criticità del movimento migratorio non saranno risolte anzi saranno aggravate e che le persone in cerca di protezione vedranno i loro diritti sempre più negati.

Il quadro giuridico disfunzionale, gli alti costi per i rimpatri forzati, le procedure generalizzate e accelerate di frontiera che non lasciano l’apertura e il tempo alle storie personali di essere prese in considerazione in modo equo e completo, la crudeltà di un metodo come quello della detenzione arbitraria nonostante il diritto a richiedere asilo, la scarsa tutela dei minori che vivono il percorso migratorio, il rischio di sovraffollamento cronico e disumanizzante nelle strutture di frontiera e il mancato supporto degli Stati membri agli Stati di primo ingresso, fanno da cornice a un quadro che non vogliamo accettare e che non crediamo possa portare dei cambiamenti positivi rispetto al movimento migratorio odierno e futuro.

PROPOSTE SULLA LEGGE 50/2023

Il gruppo di lavoro che si è concentrato sull’analisi delle criticità implicite alle disposizioni della legge 50/2023 e al suo primo impatto sul territorio della provincia di Pesaro-Urbino, ha identificato nelle seguenti proposte azioni necessarie per il superamento delle difficoltà rilevate.

  1. Ripristino della modalità di presentazione direttamente al Questore della domanda di rilascio di permesso di soggiorno per protezione speciale, previo parere della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, così come era previsto all’art. 19, comma 1.2 secondo periodo, del D.Lgs. 286/98 nella formulazione antecedente alle modiche apportate con la L. 50/2022. Ciò permetterebbe alla persona straniera di ottenere – laddove vi siano le condizioni indicate ai commi 1 e 1.1. dell’articolo 19 d.lgs. 286/98 – il permesso per protezione speciale facendone diretta domanda al Questore in alternativa all’iter per il riconoscimento della protezione internazionale presso la commissione territoriale competente.
  2. Ripristino della facoltà per lo straniero che sia in possesso di un permesso di soggiorno per protezione speciale di richiedere, se ne sussistano i requisiti di legge, la conversione del titolo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, facoltà non più possibile a seguito dell’abrogazione dell’art. 6, comma 1-bis lett. a), del D.Lgs. n. 286/98 da parte della L. 50/2022.

 

  1. Ripristino del sistema unico di accoglienza così come disciplinato ante L. 50/2022, con possibilità per tutti i richiedenti asilo, senza distinzioni, di poter accedere alle strutture di cui al Sistema Accoglienza Integrazione, con ricostituzione, altresì, per tutti i richiedenti asilo, dei servizi di assistenza psicologica e di orientamento legale a al territorio nonché la somministrazione di corsi di lingua italiana.

 

PROPOSTE SUI REGOLAMENTI SCREENING E PROCEDURE

  1. L’uso di procedure accelerate alle frontiere dovrebbe essere eliminato in quanto comporta una valutazione inadeguata delle domande di protezione internazionale. Sono necessarie procedure che permettano valorizzare la persona, garantendo le condizioni necessarie per dare modi e tempi consoni alla valutazione della domanda d’asilo che tengano conto di una visione globale e individuale. Come posizione intermedia si chiede di non rendere obbligatoria per gli Stati la procedura alla frontiera ed eventualmente, per quelli che la applicano, si chiede che vengano investiti direttamente i finanziamenti del meccanismo di solidarietà (vedi regolamento RAMM) su servizi di supporto alle procedure per le persone che arrivano ai Paesi di frontiera, in particolare per fornire informazioni, interprete e assistenza legale gratuiti. Si chiede di non applicare mai le procedure di frontiera in luoghi lontani dai confini e che mai a minori e vulnerabili.

 

  1. Per quel che riguarda la procedura di screening si propone di inserire rigide regole di accreditamento per gli enti che gestiranno o presteranno servizio nei centri dove avverrà lo screening, specificando nel regolamento i criteri di gestione e richiedendo anche formazione e pluridisciplinarità del personale coinvolto nell’accoglienza, dando la possibilità di accedere a ONG e Organizzazione umanitarie.

 

  1. Eliminazione dell’art. 5 del regolamento screening che prevede venga applicato a chiunque sia sospettato di essere un migrante su tutto il territorio UE. La profilazione razziale è illegale e incompatibile con il diritto internazionale ed europeo sui diritti umani e In contrasto con il piano d’azione dell’UE contro il razzismo.

 

  1. La “finzione del non ingresso” va rimossa perché, evidentemente, rischia di limitare le garanzie e le tutele dei richiedenti protezione internazionale. La posizione intermedia è di renderla non obbligatoria per gli Stati Membri.

 

  1. Rispetto ai casi di obbligatorietà della procedura accelerata, eliminare tutti i criteri che fanno riferimento a condizioni statistiche, come quella che fa riferimento a chi proviene da Paesi con il meno del 20% della protezione riconosciuta, perché non legate ad esame individuale della domanda d’asilo e perché non permettono la piena individualizzazione.

 

  1. In caso di “strumentalizzazione” o di non meglio specificata “crisi migratoria” invece di applicare la procedura di frontiera a tutti i migranti e a chi viene da paesi con tasso di riconoscimento inferiore al 50%, mettere a sistema la protezione temporanea, applicata per la prima volta in seguito alla crisi umanitaria in Ucraina che dimostra come, se gestiti, anche numeri di arrivi molti alti possono essere efficacemente accolti.

 

  1. No al ricorso alla detenzione dei richiedenti protezione internazionale e in particolar modo di donne, minori, vulnerabili.

 

  1. Tutelare i minori tenendo in considerazione cosa rappresenta il percorso migratorio per un minore, soprattutto se non accompagnato, considerando che probabilmente non c’è minore, anche piccolo, che lungo le diverse rotte migratorie non sia stato vittima di qualche forma di abuso o abbia assistito a violenze e soprusi. I bambini avrebbero invece il diritto di avere percorsi regolari per raggiungere l’Europa e, quando la raggiungono, di essere trattati secondo la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza».
  2. Prima di emettere una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato deve essere fornita un’assistenza da parte di organismi appropriati diversi dalle autorità che eseguono il rimpatrio tenendo nel debito conto l’interesse superiore del bambino. Inoltre, prima di allontanarlo dal territorio di uno Stato membro, le autorità di tale Stato si devono accertare che questi sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio, assicurandosi che il paese di riammissione non eserciti gravi violazioni sul minore a causa di normative interne che glielo permettono (vedi ad es. la Grecia). Infine bisogna assicurare l’assegnazione di un tutore per ogni MSNA affinché venga garantito l’accesso alla giustizia ed il godimento dei diritti spettanti al minore stesso.

 

  1. Eliminare o limitare al massimo l’utilizzo del concetto di “Paese Terzo Sicuro” perché non può essere dimostrata una reale connessione della persona migrante solo per il transito o perché il Paese terzo ha stretto accordi con UE.

 

  1. Mantenere i due provvedimenti, il rifiuto della domanda d’asilo e il rimpatrio, separati. La decisione di rimpatrio venga considerato solo se non ci sono altre possibilità di richiedere/ottenere un permesso di soggiorno. Inoltre venga sempre rispettato il principio di non respingimento. Mantenere sempre l’effetto sospensivo nelle more del ricorso.

 

  1. Infine si richiedono Politiche di ingresso legali. Nel Patto Europeo per l’Asilo e l’Immigrazione si cerca di diminuire il “carico” di richieste asilo viste come “strumentali” diminuendo le tempistiche o facendo tutta la procedura in frontiera ma non si guarda al fatto che i carichi sono alti perché ci sono bassissime possibilità di ingressi legali. 

 

 

PROPOSTE SUL RAMM

Il tavolo sulla gestione delle migrazioni ha valutato come possibili e necessarie due vie per la modifica dell’attuale gestione delle migrazioni, che il nuovo Regolamento approvato dal Parlamento europeo non cambia rispetto al c.d. “Accordo di Dublino”:

 

  1. l’adozione della “protezione temporanea”, anche per coloro che arrivano nel territorio dell’UE non provenendo dall’Ucraina, costituirebbe di per sé la soluzione conforme al diritto europeo e (come dimostrato nel 2022) immediatamente in grado di essere attuata dagli Stati membri.

Questa scelta si basa sulla Direttiva 55/2001/CE, che prevede un dispositivo eccezionale per offrire una protezione immediata e temporanea nel caso di afflusso massiccio nell’UE di sfollati, cioè cittadini stranieri o apolidi che hanno dovuto abbandonare il loro paese d’origine (o sono stati evacuati) e non possono rientrarvi, in particolare per guerra, violenze, violazioni dei diritti umani. Se dal punto di vista legale e operativo questa scelta ha tutte le basi per essere applicata nei confronti dei cittadini provenienti da diversi Stati di origine dei flussi migratori sulle rotte (attualmente) illegali di ingresso, bisogna riconoscere che è l’aspetto del sostegno politico a renderla complicata. Può infatti essere accolta solo da un voto a maggioranza qualificata del Consiglio Europeo, su proposta della Commissione.

 

  1. Garantire il bilanciamento tra le necessità politiche e il rispetto del diritto dell’UE e di quello internazionale, gli aspetti più problematici da rimodellare sono certamente quelli relativi al carico che il Regolamento, come il precedente Accordo di Dublino, lascia sugli Stati di primo ingresso, e in particolare l’esame delle domande poste dalle persone che arrivano e l’assistenza a queste ultime. Per evitare che si concentrino sui tre Stati al momento sotto pressione (Spagna, Italia e Grecia) la gran parte delle attività, sarebbero necessarie almeno due modifiche:
  2. A) la condivisione dell’esame delle domande (idealmente da parte di un organismo giuridico sovranazionale rispetto agli Stati membri);

B) la trasformazione del ricollocamento dei migranti da volontario a obbligatorio per gli Stati membri, anche in relazione al mantenimento dei legami familiari, permettendo così di evitare che si creino fenomeni di ghettizzazione e non rispettosi della dignità della persona come quelli attualmente in vigore nei campi sulle isole greche o in Italia.

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