Dopo la Road Map per il diritto d’asilo e la libertà di movimento è l’ora della mobilitazione: «costruiamo l’Europa che vogliamo».

Decine di momenti di formazione con giuristi ed operatori, assemblee cittadine ed incontri dal Nord al Sud del Paese, da Cosenza a Varese, per capire come disobbedire al Patto europeo Migrazioni e Asilo. Ma dopo la grande assemblea di Bologna, ora, le organizzazioni promotrici rilanciano.

«Un percorso che ci ha restituito nuove parole e narrazioni, nuovi linguaggi e concetti, affiancandoli a ciò che negli anni abbiamo costruito, sperimentato e sedimentato fino ad oggi». È possibile sintetizzare così, con le parole dell’attivista Giovanna Cavallo, la Road Map per il diritto e la libertà di movimento che si è chiusa a Bologna il 4 maggio scorso con una grande assemblea che ha visto la partecipazione di centinaia di persone.

Un percorso che è stato reso possibile dalla rete costruita da nove organizzazioni: Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA), Rivolti ai Balcani, Europasilo, Italy must act, Refugees Welcome Italia, Mediterranea Saving Humans, Rete comunità solidali, e Stop Border Violence e, a cascata, da decine di altre associazioni che sul piano territoriale in diverse città, da Caserta a Cosenza e Lamezia Terme, da l’Aquila a Firenze, Reggio Emilia, Roma, Milano, Taranto, Varese, Urbino, solo per citare alcune delle città che sono state toccate dalla Road Map, si sono attivate ed impegnate con il proposito di “smontare la frontiera” eretta dalle attuali politiche comunitarie e nazionali nei confronti delle persone migranti.

«Ora si tratta di capire come salvaguardare questi spazi di democrazia dal basso che abbiamo aperto», ha aggiunto Cavallo: «fare inchiesta e monitoraggio deve essere la nostra arma segreta». Ma non l’unica, di certo. Come sottolineato dagli interventi della ong Mediterranea: «Dobbiamo costruire proposte e, insieme, anche mobilitazione».

A partire da alcune parole d’ordine e diverse traiettorie, infatti, la rete della Road Map si propone nei prossimi mesi di organizzare momenti di piazza decentrati sotto le diverse prefetture italiane, per pretendere, tra le tante cose: l’ingresso, ovvero il ritorno, dei richiedenti asilo e dei minori nel Sai, cioè il sistema d’accoglienza ordinario gestito dai comuni; la smilitarizzazione della politica migratoria che comprende la contestazione – “senza se e senza ma” – agli esistenti Centri di Permanenza per il rimpatrio oltre che la netta contrarietà all’apertura di nuovi Cpr; inoltre, garantire realmente l’ accesso alla procedura per la richiesta d’asilo.

un momento dell’introduzione all’assemblea. Credit foto, Martina Vozza

Questi sono solo alcuni punti programmatici di un decalogo, di un Manifesto delle priorità attorno a cui costruire nelle prossime settimane opposizione sociale alle politiche che ledono la dignità delle persone migranti. «Quelle politiche sull’immigrazione che sono state fatte in questo paese sia dalla destra che dalla sinistra, e che sono andate nella stessa direzione. E che hanno costruito un mostro politico», come ha riconosciuto con apprezzabile onestà intellettuale lo stesso parlamentare del partito democratico Matteo Orfini, che è intervenuto nel corso dell’assemblea di Bologna.

«Mentre non dimentichiamoci che l’accoglienza in Italia è nata dalla società civile, dalle associazioni, dalla gente comune che ha aperto, letteralmente, negli anni’90, le porte delle proprie abitazioni per le prime persone migranti che arrivavano in Italia. Il ministero dell’interno non si è inventato nulla», ha ricordato da parte sua Rossana Aceti, portavoce di EuropAsilo, tra le organizzazioni che hanno promosso la Road Map. «Mentre ancora oggi le politiche sull’immigrazione sono troppo legate alla linea del colore, le nostre città andrebbero decolonizzate nello sguardo», ha ribadito Emily Clancy, vice-sindaca del comune di Bologna che ha patrocinato l’assemblea che si è svolta all’interno della Sala della Casa di Quartiere “Katia Bertasi”.

Rossana Aceti, portavoce EuropAsilo, credit foto, Martina Vozza

Un pessimo Patto Dopo i saluti dell’amministrazione comunale felsinea, l’incontro è entrato nel vivo. Dapprima con la relazione del giurista Gianfranco Schiavone che negli ultimi sei mesi ha girato in lungo e in largo l’Italia insieme alle associazioni per spiegare alle comunità territoriali le conseguenze del Patto europeo migrazioni e asilo, «un mostro giuridico composto da un insieme di normative piene di problemi applicativi e volutamente ambigue che ha l’effetto di trasformare definitivamente il sistema di accoglienza, per come l’abbiamo conosciuto, in un sistema detentivo», ha detto il giurista.

Poi è stata la volta di Daniela Roxana Movileanu, Phd in Studi Europei alla London School of Economics and Political Science che ha dimostrato, numeri alla mano, l’altissimo tasso di detenzione dei richiedenti asilo che ci si aspetta saranno “accolti” nei centri di frontiera, un meccanismo previsto dal regolamento procedure, la cui approvazione pone seri rischi per la tutela dei diritti anche dei minori, ma che mette in luce, anche, i problemi di fattibilità di attuazione dello stesso piano proprio per i paesi di primo ingresso come l’Italia*

«Non ci resta che dare il potere di soggettività alle persone che migrano», ha sottolineato-citando Papa Bergoglio-il cappellano di Mediterranea saving humans, Mattia Ferrari: «così come dobbiamo uscire da questa logica del creare politiche per i poveri, ma le dobbiamo creare insieme ai poveri, con i poveri, così dobbiamo smetterla di immaginare politiche per i migranti, e dobbiamo realizzarle, invece, insieme ai migranti, con i migranti», ha detto Ferrari che, negli ultimi mesi, insieme alla ong, è stato oggetto di una vera e propria macchina del fango orchestrata da diversi poteri con l’obiettivo di fermare l’azione del soccorso in mare.

Un meccanismo che Monica Minardi, presidente di Medici Senza Frontiere che ha portato i saluti dell’organizzazione a Bologna, conosce bene, del resto. «Grazie alla campagna di criminalizzazione violenta che abbiamo subito e che tutti voi conoscete, siamo passati da essere angeli, a taxi del mare, in 2 minuti. È bastata una dichiarazione per metterci sotto accusa. Ricordiamoci di questo linguaggio», ha detto. «Mentre continuano ad esistere in Italia leggi che criminalizzano chi salva le persone in mezzo al mare», ha ricordato Abraham Testay, attivista per i diritti umani.

Da accoglienza a detenzione «È un atteggiamento securitario che comincia già con i decreti Minniti, ben prima di quelli di Salvini, pensiamo all’uso del Daspo», ha spiegato Federica Zambelli a nome del Coordinamento delle comunità di accoglienza, Cnca. «La logica della segregazione è la stessa logica dell’inclusione per pochi», ragiona Giorgio Baracco di Refugees Welcome.

E, in effetti, esiste una vera e propria ossessione nel portare avanti le politiche di criminalizzazione, un dato che si registra anche nei confronti degli enti di tutela e dei comuni; che si esprime, ad esempio, attraverso le continue proroghe, di mese, in mese, dei progetti di accoglienza Sai che compongono il sistema ordinario. Un meccanismo che il sindaco Franco Balzi della Rete delle Comunità Solidali non ha esitato a definire, d’accordo con la maggior parte delle amministrazioni comunali che ospitano i Sai/ex Sprar, “perverso”.

E poi, ritornando all’Europa, se da una parte l’avvocata dell’Associazione per gli studi giuridici immigrazione, Ivana Stojanova, ha descritto le caratteristiche del Patto come fondate sui capisaldi di detenzione, sicurezza, rimpatrio, esternalizzazione, non ingresso, dall’altro Giglia Bitassi, ha presentato uno dei modi che oggi i cittadini hanno di opporsi a queste politiche liberticide; cioè aderire alla campagna promossa da Stop Border Violence, l’iniziativa dei cittadini europei che si propone di raccogliere un milione di firme per fermare la violenza e la tortura alle frontiere dell’Europa.

Un continente che, secondo Marco De Ponte, intervenuto per Action Aid e il Forum Disuguaglianze e Diversità, «andrebbe riformato, scegliendo di portare avanti la strada della pace e della giustizia sociale. Bisogna volerla questo tipo di Europa, fondandola sulla partecipazione dei cittadini», ha aggiunto.

Costruire democrazia dal basso Proprio il meccanismo della partecipazione e del coinvolgimento dei territori è stato uno dei caratteri fondanti della Road Map, il quale si è manifestato anche durante l’assemblea di Bologna, dove si sono confrontate le diverse realtà cittadine con alcuni candidati alle prossime elezioni europee ed altri esponenti delle forze politiche di opposizione presenti nel parlamento italiano, tra questi: Piergiorgio Ardeni, Matteo Orfini, Giovanni Paglia, Jessica Cugini, Antonio Mumolo, Luca Boccoli, Enrica Alifano. Tutti hanno raccolto le istanze, le proposte, le numerose suggestioni provenienti da ogni parte del paese, da ogni territorio che è stato protagonista della Road per il diritto d’asilo e la libertà di movimento, impegnandosi a proseguire un percorso di dialogo interistituzionale.

Per l’Aquila, ad esempio, l’attivista Anna Rita Silvestri, ha fatto riferimento alle straordinarie esperienze di accoglienza diffusa nei paesi delle aree interne, a quel laboratorio di neo-popolamento che in Abruzzo significa attenzione alla rigenerazione delle comunità, ma, di contro, ha fatto anche cenno all’ossessione securitaria che vive la città capoluogo, soprattutto nei confronti dei minori stranieri non accompagnati. Il laboratorio di democrazia sociale che si sta costruendo a Firenze, invece, l’hanno raccontato Alessia Cecchetti e Federica Franco.

Mentre da Caserta, prima la voce di Mimma D’Amico, poi quella delle persone migranti, delle attiviste e dei legali come Gianpaolo Mosca che, quotidianamente, da vent’anni, costruiscono alleanze e vertenze sul territorio per trasformarlo, hanno portato diversi elementi di novità al dibattito, tra cui una forte richiesta di mobilitazione nazionale. E così anche da Modena, Parma, Roma, Urbino, Varese, Milano, da Nord a Sud, è stata espressa con forza l’esigenza di organizzarsi, sul modello della Road Map, per costruire un’altra Europa, un’altra democrazia, un altro tipo di politica, insieme a quelli come Djiba, che era con noi a Bologna, e il cui intervento è stato il più applaudito, perché dalle lotte, dalla voce e dai corpi dei migranti – lo sappiamo – abbiamo tanto da imparare.

I video dell’assemblea di Bologna e le immagini pubblicate in questa pagina sono di Martina Vozza. 

*”Regolamento procedure: simulazione sull’Italia di Daniela Movileanu, Phd in Studi Europei London School of Economics and Political Science”. Video per capire l’impatto che il nuovo regolamento procedure potrebbe avere sull’Italia,realizzato nell’ambito della campagna #PattoEuropeodalbasso. 

Guarda le foto del reportage di Djiba all’assemblea di Bologna 

 

 

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