Il nuovo esecutivo ascolti la società civile

Dopo una rapidissima crisi di governo, il 13 febbraio Giuseppe Conte ha lasciato il posto da presidente dell’esecutivo a Mario Draghi, che si è insediato con i suoi ventitré ministri.

“Nei momenti più difficili della nostra storia, l’espressione più alta e nobile della politica si è tradotta in scelte coraggiose, in visioni che fino a un attimo prima sembravano impossibili. Perché prima di ogni nostra appartenenza, viene il dovere della cittadinanza” questa una delle frasi di apertura del discorso di insediamento del neopremier Draghi. Scelte difficili e coraggiose sono anche quelle che in questi mesi abbiamo chiesto con forza come Forum per cambiare l’ordine delle cose, in rete con oltre cinquanta associazioni della società civile, operatori sociali, docenti, giuristi e attivisti da sempre impegnati per la tutela dei diritti umani, tutti noi da tempo lavoriamo a percorsi di rete e advocacy incentrati sulle politiche migratorie. A fronte della situazione di crisi sanitaria e del cambiamento governativo, oggi più di ieri crediamo sia necessario ricalibrare i punti programmatici della politica su temi importanti, che al momento ci sembrano accantonati in funzione di un equilibrio tra le parti che però rischia di mantenere in stallo azioni da intraprendere con urgenza.

Temi sui quali il governo Conte 2 stava finalmente avviando un lavoro di ascolto: ci aspettiamo che il dialogo aperto possa proseguire, con l’obiettivo di realizzare politiche di buon senso per unire il Paese e non solo le forze politiche. Aspettative che ci auguriamo non restino tali ma si concretizzino in passi avanti, anche se, Draghi nel suo piano programmatico non fa riferimento alla situazione dei migranti. 

“Resta forte la nostra attenzione e proiezione verso le aree di naturale interesse prioritario, come i Balcani, il Mediterraneo allargato, con particolare attenzione alla Libia e al Mediterraneo orientale, e all’Africa” questo l’unico accenno, poche e vaghe parole in 14 pagine di intervento, alla situazione internazionale con il pericoloso richiamo a “buoni e cattivi” quando afferma un concetto salviniano dei “rimpatri ai non aventi diritto” e al di là dei riferimenti al forte europeismo che detterà la linea politica del nuovo governo. 

Il neo Consiglio dei ministri dovrà affrontare una serie di tematiche che, anche se messe in ombra dalla crisi sanitaria sul piano del dibattito pubblico, su quello della realtà permangono, immutate e spesso con criticità crescenti proprio a fronte della mancata presa in carico politica. 

Primo nodo da sciogliere è quello che riguarda i processi migratori. In Europa si stanno affrontando questioni importanti legate al ruolo dei paesi membri, Italia compresa, circa i flussi in ingresso, e la cornice di riferimento sembra essere l’approccio che da anni caratterizza l’UE: la totale assenza di politiche di ingresso regolare e periodico (necessario se si pensa che di periodico sono solo “sanatorie” per altro fallimentari) che riflette l’ipocrita e scellerata poltica dei respingimenti, esternalizzazione delle frontiere, militarizzazione dei confini. Non possiamo non sottolineare come, mentre l’Italia era teatro di una crisi di governo da cui poi è emerso l’esecutivo Draghi, in Bosnia si consumava una catastrofe umanitaria. L’inferno vissuto dai migranti nella rotta balcanica si inserisce nel quadro di una politica europea fatta di controlli e esternalizzazioni, a scapito dei diritti delle persone. Non si può e non si deve rimanere inermi e silenti rispetto a tutto questo.

Inoltre, all’interno di questo quadro è urgente bloccare le sconsiderate azioni di respingimento che continuano a mettere in pericolo la vita delle persone: operazioni illegittime per cui l’Italia è stata condannata, avvenute durante il governo Conte bis

Il secondo punto, che non può più essere tenuto ai margini dell’agenda politica, riguarda l’implementazione di un piano nazionale di inclusione e coesione sociale, che parta dal sistema di accoglienza per arrivare alla fuoriuscita dallo stesso, e accompagni le persone nell’inserimento all’interno della società: su questo insistiamo da sempre, e su questo siamo tornati durante il percorso di rete e confronto tra associazioni e rappresentanti politici, portato avanti in occasione delle modifiche ai ‘decreti sicurezza’. E a questo, veniamo ora a dire, è necessario destinare una parte del recovery plan
Inoltre, sarebbe importante dare un segnale di discontinuità legato al contesto attuale, programmando una campagna di vaccinazione per le persone prive di un regolare permesso di soggiorno: circa 500mila persone in tutta Italia. Una misura con cui il governo promuoverebbe davvero la tutela del diritto alla salute per l’intera società. 

In chiusura, ma non certo in ordine di importanza, riteniamo necessario che il governo prenda atto della non più rinviabile  riforma della legge di cittadinanza, una legge per cui al momento centinaia di migliaia di persone nate in Italia o arrivate in infanzia continuano a essere considerate straniere: è urgente che il nuovo esecutivo cambi la legge. Non domani, ma oggi.

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